Sala 8 Sala Dolfin
In questa sala (Foto 1) sono raccolti dipinti, opere che riguardano e testimoniano i momenti salienti della trasformazione del duomo e le figure ecclesiastiche che la curarono.
Il momento di trasformazione del duomo è contrassegnato dalla riforma detta “dei Manin” avviata nel 1710 su patrocinio del Patriarca Dionisio Dolfin (1699-1734) che vede la mutazione del presbiterio, con lo smembramento degli accessi delle cappelle laterali di Sant’Ermagora e Fortunato, di San Giovanni Battista e Eustachio (Arcoloniani), S. Nicolò e del Corpo di Cristo e del coro.
Altre modificazioni riguardano tutti gli ingressi e le cappelle laterali.
Nel 1735 il Patriarca Daniele Dolfin (1734-1751) (Foto 2), dopo aver proseguito con la riforma, riconsacra il duomo con il titolo di S. Maria Annunziata.
Due porzioni di affreschi dal presbiterio.
Si tratta di una parte di affresco del soffitto del presbiterio, interessato da un incendio durante il conflitto bellico del 1945. A seguito di tale incidente nel 1965-66 il soffitto fu ripristinato e il pittore Fred Pittino interpretò i soggetti originari. Durante tali lavori furono recuperate intatte le figure di angeli dipinte dal Dorigny durante la riforma settecentesca e che interessò con le sue tutte le volte del presbiterio e l’abside.
Louis Dorigny (1654-1742) (Foto 3)
Angelo e testine d’angelo
1720
Ritrovamento e trasposizione su tela nel 1966.
Louis Dorigny (1654-1742) (Foto 4)
Testine d’angelo
1720
Le figure dei patriarchi Dolfin vengono ricordate attraverso una selezione di paramenti contraddistinti dallo stemma dei Dolfin (Foto 5), facenti parte del patrimonio conservato nei depositi.
I tessuti che li costituiscono sono tutti molto preziosi e taluni singolari nel panorama storico della produzione tessile e del ricamo.
L’esame stilistico e tecnico conduce all’identificazione dei periodi di produzione.
I repertori decorativi originali ed estrosi dei tessuti, sono in armonia con lo stile all’epoca dei Dolfin, conferendo magnificenza a coloro che li indossavano, completando la scenografia liturgica.
Sulla scorta delle loro nobili origini veneziane, i Dolfin posero infatti attenzione all’aspetto scenografico che dovevano avere le celebrazioni solenni, allo scopo di comunicare i valori di grandezza della Chiesa, invitare il popolo dei fedeli ad amare e seguire il proprio pastore e riconoscersi in lui.
Nella vetrina si possono ammirare
Parato in quarto (piviale, pianeta, dalmatiche) e mitra a fondo rosso cremisi corredato da stola, manipolo, busta e velo (Foto 6).
Prima metà del secolo XVIII
Manifattura italiana, laboratorio di ricamatori.
Taffetas ricamato, seta, argento filato, argento riccio, argento spiraliforme, argento lamellare
Pianeta a fondo verde (Foto 7)
Ultimo quarto del secolo XVII
Manifattura veneziana
Damasco broccato , seta, oro filato, argento riccio
Piviale e pianeta a fondo Blu, con stola, manipolo, velo da calice e busta (Foto 8)
Metà del secolo XVIII
Manifattura italiana, laboratorio di ricamatori.
Taffetas ricamato, seta, argento filato, oro filato, argento lamellare, oro lamellare
Scarpe cardinalizie di raso rosso ricamate in argento e oro, e calzari vescovili di damasco color cremisi Sec. XVIII
Completano i passaggi e le trasformazioni del duomo dopo il secolo XVI altri paramenti selezionati ed esposti nella vetrina B
Tre piviali documentano l’evoluzione stilistica della produzione tessile destinata all’ambito profano e poi adattata a paramento a partire dalla seconda metà del Seicento alla metà del Settecento
Un velo da calice a fondo verde con decoro a motivi floreali, vegetali e architettonici (Foto 9), una pianeta della tipologia detta “droghetto” dell’ultimo quarto del settecento (Foto 10).
La riforma barocca comportò un aggiornamento stilistico tale da interessare anche gli organi antichi sia per lo strumento sia per la cantoria e la loro architettura. L’organaro che progettò l’organo era Pietro Nachini di cui si espone l’unico ritratto noto di autore ignoto (Foto 11).
Con la riforma furono così sostituiti i dipinti originari della cantoria e alle pareti della sala sono esposte le tavole originarie dei parapetti dell’organo “a cornu Epistolae” sostituite da tele con la riproduzione degli stessi temi. Sono esposte le tavole originarie pervenute, opere di Giovanni Antonio de Sacchis detto il Pordenone, artefice del rinascimento in terra friulana.
Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone (1483/1484-1539)
Il battesimo delle quattro vergini aquileiesi, 1528 (Foto 12)
Il dipinto occupava appunto la cantoria dell’organo in cornu epistolae ed è stato rimosso prima della riforma settecentesca dell’organo che ha comportato alterazioni di altri dei dipinti del pittore. La tavola è stata sostituita già nel ‘700 con una copia su tela.
Medesima sorte per la tavola con La deposizione dei Santi Ermagora e Fortunato
1528
Altre opere su tavola riferite a Giovanni Battista Grassi (1525-1579), dipinte nel 1566, che risulterebbero essere state rimosse dal parapetto dell’organo in cornu evangeli anch’esso oggetto di modifiche strutturali nel corso della riforma settecentesca
Le nozze di Cana
1566
Olio su tavola
Gesù risana un infermo 1566
Olio su tavola
L’annunciazione
copia del sec. XIX dell’originale di Francesco Floreani (1515 ca.-1593)
Olio su tela
Il dipinto sembra essere una copia dell’originario che era stato realizzato per l’organo in cornu evangeli. Rimosso dal suo telaio, è stato impiegato con funzione di tendina in seguito all’installazione dell’organino positivo tergale (XIX sec.) del parapetto dell’organo.
Dalla antica cappella del duomo, ora dedicata alla Madonna della Divina Provvidenza, proviene la pala di Pietro Antonio Novelli (1729-1804) raffigurante San Nicolò e San Girolamo, rimosso nel 1846 dopo il cambio di dedicazione.
Olio su tela
Antistante la pala è posto il faldistorio del sec. XVIII in legno intagliato e dorato, che fu fatto eseguire per il presbiterio dal Patriarca Dionisio Dolfin (Foto 13)
E’ una preziosa e ricca seduta patriarcale con riferimenti all’arte del periodo, in legno intagliato e dorato, con bande di cuoio su cui è adagiato un cuscino di damasco di seta cremisi decorato a fogliami. Ai quattro angoli sporgono le teste di angioletti, sui lati sono riportati gli stemmi Dolfin con i delfini e quello della città di Udine. Conservato in Duomo arredava il presbiterio in periodo barocco e fu rimosso dopo il Concilio Vaticano II.