Paramenti sacri
I paramenti fanno parte del corredo funerario del beato Bertrando (1280 ca.-1350), conservati all’interno dell’arca, per questo sono considerati come appartenuti al patriarca in vita. Sappiamo anche dai documenti degli agiografi del periodo, che in relazione al culto del beato, voluto dal suo successore Nicolò di Lussemburgo, vi fu una prima esumazione del corpo del Bertrando già nel 1351. In tale occasione vennero mantenuti i parati con cui era rivestito il corpo. Altre successive traslazioni, finalizzate al culto, hanno probabilmente comportato l’aggiunta o il ricambio di vesti, in particolare della pianeta, come pure la sottrazione di alcune parti dei tessuti, a scopo di reliquie, per esempio del lenzuolo che era il tessuto che copriva il corpo e il sarcofago quindi quello a più diretto contatto con l’esterno. Con l’ultima esumazione nel 1756 tutti i paramenti esposti furono tolti dal sarcofago e dal corpo del Bertrando che fu rivestito con i paramenti settecenteschi donati dal Patriarca Daniele Delfino, come figurano nell’attuale sarcofago nella cappella di San Giuseppe (Foto 1).
MANIPOLO
Secolo XIII, manifattura veneziana
Sciamito, seta, argento membranaceo; 110×16
Il manipolo è costituito da un solo pezzo di sciamito , a cui si uniscono due piccoli frammenti triangolari. La decorazione si presenta su un fondo color blu-viola: entro una cornice rigata di colore viola, rosa, bianco, definita da una fascetta dorata con un motivo a spina di pesce, alternato nell’orientamento con una rigatura viola-bianco-rosa, si evidenzia lo svolgersi di una serie di rombi formati da una catena a maglie romboidali, ognuna delle quali racchiude il motivo di una rosa a otto petali , nei punti di tangenza si contrappongono due gigli.
Lungo i lati corti sono presenti frange di seta color bianco, rosso e verde. Sul retro è foderato con taffetas di colore blu-grigio. Considerato il tipo di disegno e le dimensioni si potrebbe ritenere in origine una bordura, utilizzata per realizzare il parato.
Storia e critica
La datazione trova riferimento nelle caratteristiche stilistiche (impostazione semplice e geometrica), per la presenza dell’argento membranaceo (il genere è stato confermato durante il restauro) e per la probabile notevole altezza della pezza intuibile dal tipo di disegno. L’elemento che più appare ancora legato alla tradizione iconografica orientale è quello della rosa a otto petali, paragonabile al fior di loto .
Si attribuisce a manifattura veneziana, ma non si esclude possa trattarsi di un prodotto lucchese, nel periodo infatti Lucca è tra le città più rinomate per l’attività tessile.
La prima ipotesi trova più sostegno in considerazione alla collocazione dell’oggetto e nel valutare che con il 1265 viene riformato lo Statuto dell’Arte dei Samiteri (tessitori di sciamiti) , e che quindi tale tipo di stoffe veniva realizzato nella città lagunare. Tra gli esemplari simili in collezione privata veneziana di area bizantina lo sciamito esposto a Monaco nel 1996 al Bayerisches National Museum
Questo riscontro ci è utile a comprendere le differenze tra le due aree, la bizantina include il fiore nel tipico motivo-impostazione ad rotellas .
L’esemplare di Venezia e quello di Udine sono estranei a tale impostazione, e rimandano a raffigurazioni architettoniche di matrice medievale (frontoni di pietra, cornici), adatte tra l’altro a un manufatto che doveva probabilmente essere destinato a bordura nell’arredamento .
Si presume che il manipolo sia stato confezionato con una bordura in considerazione al tipo di disegno, alle dimensioni (in particolare per l’altezza presunta) del manufatto, inoltre lo sciamito era la tipologia più frequente per la realizzazione di oggetti con tale destinazione d’uso. Può essere stato utilizzato in seguito per realizzare il parato.
Tessuto: SCIAMITO
Orditi: proporzioni: 1 di fondo, 1 di legatura; materie: di fondo: seta, 2 capi, s.t.a., beige; di legatura: seta, ?, beige; riduzione: 20 fili di fondo al cm, 10 fili di legatura al cm
Trame: proporzioni: 6 di fondo (2 e 4); materie: di fondo: seta, viola-porpora; argento membranaceo attorno a ‘S’ su lino bianco; seta rosa, seta bianca; riduzione: 30 al cm
Costruzione interna del tessuto: Il fondo e l’opera del tessuto sono ottenuti dall’alternarsi delle trame legate in diagonale 5 lega 1, in modo tale che quella costituente il fondo, al dritto realizza l’opera al rovescio e viceversa.
Descrizione del disegno: sul fondo color blu-viola è definita una cornice rigata di colore viola, rosa, bianco, definita da una fascetta dorata con un motivo a spina di pesce, alternato nell’orientamento con una rigatura viola-bianco-rosa, all’interno si evidenzia lo svolgersi di una serie di maglie romboidali formate da una catena, ognuna delle quali racchiude il motivo di una rosa a otto petali e nei cui punti di tangenza si contrappongono due gigli.
Il manipolo si presentava in sane condizioni conservative. Sono state necessarie le operazioni di pulitura, di consolidamento con supporto totale della fodera, di sistemazione delle frange.
Intervento: Francesco Pertegato -Centro restauro manufatti tessili di Milano
Dimensioni: 110×16.
Stato di conservazione
E’ un oggetto sostanzialmente sano, se si prescinde da una lacuna piuttosto ampia nella fodera di seta blu-grigio .
Trattamento e intervento
Pulitura: per immersione in tetracloro-etilene (il tessuto presenta – come la dalmatica – filati d’argento membranaceo; era pertanto sconsigliabile in lavaggio in soluzione detergente acquosa). L’intervento è stato effettuato smontando il cucito nella sola sezione limitrofa alla lacuna.
Consolidamento: supporto locale della fodera su taffetas di seta di peso analogo a quello originario, tinto .
L’intervento è stato completato dalla risistemazione delle frange, di seta non ritorta a tre colori, infeltrita probabilmente a seguito di in precedente lavaggio malaccorto . Le frange a conclusione dell’intervento sono state mantenute in posizione da un doppio strato di tulle di nylon bianco che è stato rimosso al momento dell’esposizione.
DALMATICA
Secolo XIII, manifattura lucchese e cinese (?)
Diaspro e lampasso, seta, lino, argento membranaceo, oro cartaceo; 59×138
La dalmatica è costituita dal in cui si identifica la decorazione bianco su bianco a teorie di due cervi , azzannati al collo da cani, sono affrontati e separati da un alberello, poggiano su una palmetta, alternati in verticale da grifi , intervallati da un’altra palmetta su cui posano gli artigli di due aquile con le teste girate. Di essi risaltano in argento le teste, le zampe e gli zoccoli, i clipei, e altri grifi. Nella parte inferiore, centrale, anteriore è cucito il pannello di lampasso il cui fitto decoro presenta due teorie sfalsate con rami nodosi e foglioline ad andamento curvo, recanti fiori di loto , all’interno di ogni corolla si ripete il fiore in bocciolo, sono distanziate alternativamente da fiori di cardo nascenti dal racemo e corolle a forma di mandorla con petali nella parte centrale.
Storia e critica: per quanto concerne l’attribuzione e la datazione dei due tessuti, il diaspro è stato prodotto tra la seconda metà del secolo XIII e la prima metà del secolo XIV da manifattura lucchese. Si riscontrano similitudini stilistiche e tecniche con esemplari che la critica ha indicato di tale manifattura in considerazione all’alto livello produttivo di Lucca in quel periodo. Il più affine tra gli esemplari è quello della casula del Museo dell’Opera metropolitana del duomo di Siena . Nel pannello di lampasso anche dopo il restauro si rileva con una certa difficoltà il decoro (grafico 3) , che giustifica la datazione alla prima metà del secolo XIV. La decorazione con l’impostazione confusa e fitta dei motivi floreali molto stilizzati, rilevata prima del restauro, è ora più distinguibile. In ciò si trova maggiore ragione nel giustificare la provenienza cinese del manufatto, malgrado la non presenza dell’elemento animale potrebbe escluderla propendendo per un’attribuzione al più vicino oriente, Persia per esempio, nei cui repertori stilistici vi è una riproduzione di elementi vegetali e floreali più affine a quella del pannello esaminato. Significativa è anche la presenza delle striscioline di pelle dorata, materiale più in uso in tali aree. Un esemplare molto affine sia per il tipo di indumento che per il tessuto del pannello applicato in cui si riscontrano soggetti animali, è quello del parato detto di Sant’Agostino di Cagliari . La dalmatica fa parte del corredo funerario del beato Bertrando. Si poteva trattare di un parato appartenuto al Patriarca in vita in considerazione alla datazione attribuitale. La dalmatica è stata oggetto di restauro: sono stati rilevati dati che fanno presumere siano avvenuti dei mutamenti della foggia, alterandone il confezionamento originario che prevedeva con tutta probabilità un pannello anche sulla parte posteriore , comunque più integra. Per l’esposizione si è optato di posizionare la dalmatica rendendo visibile la parte anteriore che conserva il pannello di lampasso. In particolare, il paramento prima del restauro era notevolmente compromesso. Il suo stato di conservazione comportava una scarsa lettura di alcuni dati ed elementi in particolare per i tessuti. Per alcuni materiali la loro esatta identificazione tipologica è stata possibile solo in sede di restauro, l’analisi tecnica è successiva al restauro, pertanto dati che prima risultavano incerti, sono riportati nelle schede tecniche come rilevati dopo l’intervento. Un elemento emerso è la probabile voluta asportazione, nella parte anteriore, di parte del tessuto tagliato lungo le linee in cui c’erano segni di usura. Considerate le testimonianze sul corredo del beato si potrebbe associare tale operazione al 1656, quando “alcuni paramenti in broccato d’oro sono stati venduti per eseguire due candelieri d’argento e nuovi paramenti per il Duomo” (Someda de Marco ). Non si esclude che la parte di tessuto sia stata tagliata solo perché in cattive condizioni.
DIASPRO
Orditi: proporzioni: 1 di pelo, 1 di legatura; materie: di pelo: seta, 2 capi leggermente ritorti a ‘S’, avorio; di legatura: seta, 2 capi, STA, bianco; riduzione: di pelo 46 fili ca. al cm; di legatura: 22 fili ca. al cm
Trame: proporzioni. 1 di fondo, 1 lanciata, 1 broccata; materie: di fondo: seta, più capi, STA, bianco; lanciata: seta, 1 capo, STA, bianco; broccata: argento ritorto a ‘S’ su anima di lino bianco; riduzione: di fondo 24 al cm; lanciata 24 al cm
Costruzione interna del tessuto: fondo in armatura diagonale 3 lega 1 faccia ordito prodotto dall’ordito di pelo e dalle trame di fondo; opera per l’intervento della trama lanciata legata in diagonale da 5 lega 1 dall’ordito di legatura e dalla trama broccata che interviene con direzione Z.
Cimose: due cordoncini di lino costituiscono quella sinistra, mentre la destra non si differenzia dal resto del tessuto. Altezza del tessuto: cm 43,5. Su uno dei pezzi anteriori sono visibili due righe orizzontali che stanno a indicare l’inizio della pezza, l’inizio della fase di tessitura a telaio .
Rapporto modulo disegnativo: 19,1×61,5
Descrizione del disegno: Si identifica la decorazione bianco su bianco a teorie di due cervi affrontati separati da un alberello e che poggiano su una palmetta, alternati in verticale da grifi, intervallati da un’altra palmetta su cui posano gli artigli di due aquile con le teste girate. Di essi risaltano in argento le teste, le zampe e gli zoccoli, i clipei, e altri grifi.
Tessuto: LAMPASSO
Orditi: proporzioni: 1 di fondo, 1 di legatura; materie: di fondo: seta, 1 capo, leggera torsione ‘S’, salmone arancione; di legatura: seta, 1 capo, leggera torsione ‘S’, beige; riduzione: di fondo 40 fili al cm; di legatura: 20 fili al cm
Trame: proporzioni: 1 di fondo; 1 lanciata; materie: di fondo: seta, più capi, STA, rosa salmone; lanciata: lamina di pelle dorata, riduzione: di fondo 13 colpi al cm; 13 lanciate al cm
Costruzione interna del tessuto: Fondo in armatura diagonale da 3 lega 1 faccia ordito prodotta da ordito e colpi di fondo, opera per l’intervento della trama lanciata costituita da striscioline di pelle dorata in diagonale 7 lega 1 faccia trama con l’ordito di legatura.
Cimosa: una di cm 0,6, fili di seta verde in diagonale 1 lega 2 faccia ordito.
Altezza del tessuto: incalcolabile essendoci solo una cimosa, la dimensioni sono quelle riportate per la dimensione dell’intero pannello
Rapporto modulo disegnativo: 11,4×23,5
Descrizione del disegno: due teorie sfalsate con rami nodosi e foglioline ad andamento curvo, recanti fiori di loto, all’interno di ogni corolla si ripete il fiore in bocciolo, sono distanziate alternativamente da fiori di cardo nascenti dal racemo e corolle a forma di mandorla con petali nella parte centrale.
Prima del restauro la dalmatica presentava evidenti manomissioni e alterazioni, maldestri e grossolani interventi di rimontaggio. I guasti presenti sul tessuto erano dovuti alla combinazione tra usura meccanica e degrado chimico delle fibre di seta (fotodegradazione e decadimento indotto in corrispondenza di macchie e depositi di materiali organici). Il pannello decorativo era interessato da un livello accentuato di decadimento molecolare delle fibre di seta dell’ordito. Con l’intervento di restauro si è provveduto allo smontaggio delle grandi pezze di tela di cotone cucite a macchina, cosicché le due sezioni sono state ricondotte alle posizioni originarie. Si è proceduto alla pulitura, prima attraverso la spolveratura per aspirazione, poi per immersione in tetracloro-etilene, ottenendo una migliore leggibilità del decoro. Individuata la foggia corretta del manufatto si è provveduto al supporto totale. Il pannello è stato supportato con tulle di nylon tinto.
Intervento: Francesco Pertegato-Centro restauri manufatti tessili di Milano
Dimensioni: h max 138; ampiezza da polso a polso cm 159.
Come correttamente rilevato nella prima relazione (1994), molto probabilmente si trattava, originariamente, di una dalmatica, la cui collocazione cronologica è determinata da quella del tessuto (tra la seconda metà del sec. XIII e la prima metà del XIV). Foggia e dimensioni sono sostanzialmente quelle allora individuate e qui riportate con gli aggiustamenti resi possibili dalle osservazioni raccolte nel corso del restauro (grafico 2 ).
Corrispondono sostanzialmente a quelle della dalmatica definita di “forma romana” dal Braun, e a quelle riportate dal Dalla Mutta sulla scorta di studi condotti in area francese. Il tessuto, un diaspro di seta bianca, arricchito da decorazioni prodotte da trame supplementari di seta e argento membranaceo, è orientato dal basso verso l’alto sia davanti che dietro; dal polso allo scollo nelle maniche. I clavi sono corti (42 cm dalla linea di spalla) e stretti (cm 2,6).
Le aperture laterali sono profilate di taffetas di seta rosso-marrone (5 mm sul davanti, circa 4 cm sul rovescio) che agiva come una fodera e impediva che si vedesse il rovescio del tessuto quando chi l’indossava si muoveva. I margini inferiori sono profilati di taffetas di seta verde, di cui è difficile stabilire se si tratti di finitura originaria o successiva. In corrispondenza del pannello centrale, in basso, sia davanti che dietro, era collocato un riquadro decorativo di dimensioni cm 24,5×42, foderato della stessa seta rosso-marrone dei profili laterali. Attualmente si conserva, solo sul davanti, un pannello decorativo, più grande di quello originario (cm 33×46) in tessuto ritenuto di probabile provenienza cinese, nel quale la decorazione è prodotta da trame supplementari lanciate costituite da striscioline di pelle dorata e di cui è stato rilevato con qualche difficoltà l’impianto decorativo (grafico 3 ).
Stato di conservazione
Manomissioni e alterazioni – Se si prescinde dai maldestri e grossolani interventi di rimontaggio, dovuti ad operazione non professionale degli anni ’70, di cui si è dato conto dettagliato nella relazione del 1994, due sono probabilmente le alterazioni subite dall’indumento dal momento della sua realizzazione.
La prima è il cambio di foggia delle maniche che si riduce di ampiezza fino ad arrivare, ai polsi, a quella appena sufficiente a lasciar passare la mano . Che non si tratti della foggia originaria è dimostrato dal fatto che il tessuto presenta lungo la linea inferiore della manica una irregolarità di taglio e uno spreco di tessuto che è in netto contrasto con la sobria raffinatezza della sartoria originaria e l’oculatissimo impiego del tessuto, di grande qualità e, quindi, estremamente costoso. Indovinare quando e perché l’alterazione sia intervenuta è questione di assai più difficile soluzione. Potrebbe trattarsi infatti di un cambio di destinazione d’uso, da dalmatica a tonacella; oppure, più semplicemente, di un aggiornamento della foggia in base alla moda per cui, dopo il medioevo, la differenza di ampiezza tra le maniche della dalmatica e quelle della tonacella si è andata progressivamente riducendo. Quel che è certo è il fatto che l’operazione è stata condotta con perizia professionale, almeno per quanto riguarda l’apertura al polso e la risistemazione della fascia decorativa (identica a quella che costituisce i clavi) . Lungo il margine inferiore, invece, il tessuto è stato semplicemente ripiegato all’interno e che si sia provveduto a diverse correzioni e cuciture nel corso del tempo è dimostrato dal fatto che non ci sono né pieghe né tracce di cuciture inequivocabili . Non si può tuttavia escludere che l’indumento sia nato come tonacella e che il termine dalmatica sia stato utilizzato da quando è stato associato alla memoria del Beato Bertrando (la dalmatica è la veste liturgica propria del vescovo).
La seconda alterazione si mostra decisamente più provvisoria ed è costituita da due pieghe di circa 5-6 cm, ricavate immediatamente all’esterno delle cuciture verticali dei pannelli centrali, sia davanti che dietro, e fissate da imbastiture a punti molto lunghi; evidentemente allo scopo di diminuire l’ampiezza della dalmatica (da 20 a 24 cm sia davanti che dietro). Probabilmente anche questa manomissione aveva lo scopo di assecondare un aggiornamento della foggia. Il manufatto conserva pressoché intatti tutti gli elementi sartoriali, nonostante le gravi mutilazioni subite, soprattutto sul davanti, come si può rilevare dal grafico 2 . I margini delle lacerazioni lasciano pensare che il materiale mancante sia stato deliberatamente asportato, provvedendo a tagliarlo lungo linee in cui c’erano segni gravi di usura.
I guasti presenti sul tessuto sono dovuti alla combinazione tra usura meccanica e degrado chimico delle fibre di seta dovuto a ragioni diverse (in particolare fotodegradazione e decadimento indotto in corrispondenza di macchie e depositi di materiali organici ma non provenienti da tessuti umani in decomposizione). Sono più accentuate sul dietro all’altezza delle spalle e delle scapole, e sul davanti nella posizione in cui solitamente sono collocati i guasti maggiori nella pianeta. Se ne deduce che il manufatto è stato molto usato, in ragione della sua longevità, ma molto ben conservato quando in riposo. Le conseguenze sono costituite da numerose lacerazioni e lacune, di piccola e media entità, che compromettono la solidità complessiva del tessuto; in taluni casi il degrado chimico è tale che il materiale tende a disgregarsi, fenomeno a cui nel passato si è tentato di porre rimedio con rammendi talvolta talmente fitti da disintegrare il tessuto . Ci sono tuttavia aree anche ampie in cui questo conserva una buona resistenza meccanica. Il tessuto, inoltre, era ingrigito dalla polvere fissata dalle sostanze grasse sospese nell’atmosfera e si presentava imbrunito nelle aree interessata da decadimento chimico. Gravemente lacunoso era anche il taffetas di seta rosso-marrone dei profili laterali . Per quanto riguarda, infine, il pannello decorativo, va osservato che era ed è interessato da un livello così accentuato di decadimento molecolare delle fibre di seta dell’ordito, peraltro sottilissimo, che tendeva a lacerarsi sotto la minima azione meccanica; paradossalmente la situazione era aggravata dalla grande robustezza residua mostrata dalle trame supplementari lanciate di pelle dorata. Le conseguenze erano costituite da fitte e lunghe lacerazioni orizzontali (una da una estremità all’altra in corrispondenza dell’orlo del diaspro sottostante) e da una lacuna ad andamento verticale collocata a sinistra della linea di mezzeria .
Trattamento
Smontate le grandi pezze di tela di cotone cucite a macchina, è stato relativamente facile – grazie alle cuciture sopravvissute e alle evidenze materiali individuate – ricondurre le due sezioni alle posizioni originarie. Molto verosimilmente si tratta – come si è già visto – di una dalmatica che ha subito un piccolo ma significativo mutamento di foggia che le conferisce un aspetto simile ad una tonacella. Don Ruggero dalla Mutta, noto studioso di costume liturgico ha confermato l’ipotesi nel corso di un sopralluogo al laboratorio. Per l’epoca e il modo in cui è stata realizzata, la trasformazione non è priva di interesse dal punto di vista storico.
La direzione dei lavori ha concordato, pertanto, circa l’opportunità di salvaguardare l’opera nello stato nel quale ci è pervenuta, una volta rimosse le grossolane superfetazioni degli anni ’70.
Pulitura: Osservazioni ripetute al microscopio sono state condotte preventivamente al fine di verificare la reazione all’acqua dell’argento sul budello, che costituisce le broccature del diaspro, e quella della pelle dorata che costituisce la trama del tessuto del pannello decorativo. La reazione di entrambi è stata tale da escludere nel modo più assoluto la pulitura in soluzione acquosa: il budello argentato avvolto su accia di seta una volta imbibito si contraeva rapidamente, incurvandosi e svolgendosi; anche se assai più contenuto lo stesso fenomeno si verificava per la pelle dorata. Nessun effetto negativo si manifestava, invece, nel trattamento con solventi organici. Si è quindi proceduto alla pulitura, prima attraverso la spolveratura per aspirazione, poi per immersione in tetracloro-etilene, dopo aver supportato interinalmente tra due strati di tulle di nylon, le aree indebolite o lacunose. Il tessuto si mostra adesso meno ingrigito mentre le trame di seta che producono il motivo decorativo sono leggermente più lustre e consentono una migliore leggibilità del medesimo .
Consolidamento: una volta individuata la foggia corretta del manufatto si è provveduto al supporto totale dei pannelli centrali e delle maniche, locale dei pannelli laterali, su tela di cotone, tinta; le parti mancanti, facilmente ricostruibili per simmetria, sono state ripristinate utilizzando una tela di lana/seta, tinta in modo da presentare la dalmatica come un indumento e non come frammenti di tessuto provenienti da un indumento . Le sezioni nelle quali il tessuto tendeva a disgregarsi sono state successivamente ricoperte di tulle di nylon tinto, fissato a cucito. L’intervento è stato condotto in modo da lasciare liberi ed esplorabili sul retro sia il tessuto che le tracce di finitura e gli elementi sartoriali. Profili e fasce decorativi alle aperture laterali sono state rivestite di organza di seta, anch’essa tinta appositamente, fissandola a cucito ai margini. Il pannello decorativo è stato liberato dalle cuciture che lo fissavano al tessuto di fondo – grossolane e condotte con un filato troppo spesso e scuro – completamente su due lati, parzialmente sul terzo, in modo da poter condurre con la dovuta precisione le operazioni di supporto e da preservare, nel contempo, parte della cucitura anche se non sembra essere particolarmente antica. Rimossa la vecchia fodera di raso di cotone , al tessuto è stato sottoposto un supporto di raso di cotone tinto appositamente (campione 8), fissandolo a cucito (punto posato); nelle lacune sono stati collocati e ancorati frammenti erratici di lamine di pelle dorata. Il consolidamento si è concluso con la ricopertura totale del pannello con tulle di nylon tinto (campione 9), fissato a cucito ai bordi, lungo i margini delle lacune e delle lacerazioni, nonché in corrispondenza dei “picchi” e delle “valli” delle increspature.
La trasformazione non è priva di interesse dal punto di vista storico.
FAZZOLETTO
Secoli XIII-XIV, manifattura orientale (?)
Tela ricamata, lino, seta; 52X45
Il “fazzoletto” è costituito da un solo pezzo di tela di lino bianco, decorato sui bordi da una composizione nei colori rosso, verde, avorio, azzurro chiaro. Su ogni lato si ripetono tre elementi o cornici, all’interno un motivo a cinque nodi che esternamente si prolunga come stelo inframmezzato da un fiorellino, da cui prendono a loro volta origine, con opposte direzioni, alberi della vita , differenziati nei colori, costituiti da tre rami: quello centrale con un nodo fiorito e l’estremità si conclude in tre ramoscelli con foglie; i due rami laterali, caratterizzati da piccoli rametti, presentano ai vertici un papagallino .
Storia e critica
La datazione indicata è giustificata dal tipo di decorazione. Presenta elementi desunti dall’iconografia mediorientale, molto antica. Il disegno risulta su un fondo libero, i motivi vegetali e floreali stilizzati della formella, o cornice rossa, prevalgono sull’elemento animale, con effetto di trasparenza. L’assenza di un fondo elaborato o di un’altra bordura, che si discosta da matrici romaniche di area nordica, la precisa connotazione dell’albero della vita, con forma a Y, e i volatili affrontati rimanda a radici iraniane, come pure rimandano all’iconografia islamica i profili a guglie della cornice e i pappagalli. Stoffe di questo genere erano probabilmente rintracciabili a Venezia che al tempo aveva rapporti e scambi commerciali col vicino oriente, in particolare di stoffe preziose. Relativamente a tale ipotesi attributiva il motivo della cornice si riscontra simile in un frammento di lino ricamato, definito di area musulmana, VII secolo d. C., (Civiche Raccolte di Arte Applicata Milano) . Il “fazzoletto” forse è appartenuto al Bertrando, in vita, considerando la datazione attribuita. Per le sue dimensioni è stato ritenuto un fazzoletto, ma per il tipo di decoro e i dati desunti con il restauro lo rendono più conforme a un velo da calice .
Tessuto: TELA DI LINO RICAMATA
Orditi: proporzioni: 1 di fondo; materie: lino, 2 capi, forte torsione ‘Z’, bianco; riduzione: 20 fili al cm
Trame: proporzioni: 1 di fondo; 4 per il ricamo; materie: di fondo: lino, 2 capi, forte torsione ‘Z’, bianco; per il ricamo: seta, STA, colori: avorio, rosso, verde, azzurro; riduzione: 18 colpi al cm
Costruzione interna del tessuto: Armatura tela molto rada, decorata con ricamo a doppia faccia che rende senza rovescio il tessuto.
Descrizione del disegno: Su ogni lato si ripetono tre elementi o cornici rettangolari, all’interno un motivo a cinque nodi che esternamente si prolunga come stelo inframmezzato da un fiorellino, da cui prendono a loro volta origine, con opposte direzioni, alberi della vita, differenziati nei colori, costituiti da tre rami: quello centrale con un nodo fiorito e l’estremità si conclude in tre ramoscelli con foglie; i due rami laterali, caratterizzati da piccoli rametti, presentano ai vertici un papagallino ciascuno.
Il fazzoletto era interessato da numerosissime lacune anche di media entità, e da molto sporco. Dopo i saggi di stabilità dei coloranti delle fibre, è stato effettuato il lavaggio in soluzione detergente acquosa, rimesso in forma il tessuto nel corso dell’asciugatura. E’ stato effettuato un consolidamento ricorrendo ad un supporto totale (garza di cotone) a cucito, data la trasparenza del tessuto di fondo. Il supporto è doppio per ridurre la differenza di trasparenza tra lacune e tessuto sano.
Intervento: Francesco Pertegato -Centro restauri manufatti tessili di Milano
Dimensioni: cm 53,5×46.
E’ forse un fazzoletto, di tela di lino, ricamato con filo di seta non ritorto a più colori. Un’area circolare al centro, meno sporca, potrebbe tuttavia essere dovuta all’essere rimasta coperta dalla base del calice.
Stato di conservazione
E’ interessato da numerosissime lacune anche di media entità. Era anch’esso molto sporco .
Trattamento
Pulitura: vale quanto già visto per l’amitto, sia per i problemi che per i risultati.
Consolidamento: si è fatto ricorso ad un supporto totale a cucito; data la trasparenza del tessuto di fondo, infatti, i supporti locali sarebbero stati visibili da dritto. Il supporto è costituito da una garza di cotone, più leggera di quella utilizzata per l’amitto, tinta appositamente di un colore leggermente più chiaro di quello del fazzoletto, per attenuare l’impressiona di sporco; nell’area corrispondente a ciascuna delle lacune, il supporto è stato messo doppio per ridurre la differenza di trasparenza tra lacune e tessuto sano.
VESSILLO – CALZARI
Secoli XVI e XVII, manifattura italiana
Taffetas ricamato; seta; 61X65,5
Sul campo color grigio-azzurro è disposta al centro un’aquila rivolta a sinistra con il corpo, le zampe e le ali dispiegate color giallo, gli artigli sono di colore rosso, gli occhi realizzati con cotone bianco e nero.
Questo vessillo era a suo tempo suddiviso in due parti costituenti un paio di calzari pontificali, già esposti nel precedente allestimento . Durante il restauro si è verificato con più precisione che tale confezionamento non era quello originario, soprattutto se messo in relazione al vessillo posto sul camice (v.)
Si rimanda pertanto alla scheda RESTAURO per le definizioni dell’oggetto.
Storia e critica
Considerato il genere di tessuto e il tipo di ricamo “ad applicazione” che trova qui un’esecuzione molto accurata, si può far risalire il manufatto tra la metà del secolo XVI e il secolo XVII, periodo in cui questo genere di decorazioni ha avuto il momento di maggiore affermazione. Tali conclusioni si propongono in considerazione agli esemplari accertati e fin qui noti nel panorama della storia del tessuto. Ma non va escluso che proprio quello del Museo del Duomo sia la testimonianza che tale tecnica fosse già praticata per un particolare genere di manufatti/oggetti come appunto nel caso del vessillo A76 , attestato nei documenti riferiti al patriarca per essere di seta con aquila dorata.
I calzari originari, forse esistevano e si può supporre facessero parte di quel gruppo di parati che sono stati venduti nel ‘700, secondo quanto riferisce Carlo Someda de Marco nel volume Il duomo di Udine. in base ai documenti degli Annales Civitatis Utini. Sempre il Someda de Marco riporta dell’esistenza di tre calze di tela, di due cosciali di tela bianca di cui dagli anni 70 non si è avuto riscontro se non di un frammento di tessuto di tale colore.
Si tratta dunque di una parte del vessillo con gli emblemi del Patriarcato d’Aquileia, è da considerare come quella presente sul camice (v.). E’ il manufatto tessile più antico che riporta lo stemma del Patriarcato. Si deduce che il disegno è tratto dalle raffigurazioni più note , assunto in seguito da enti pubblici friulani come simbolo.
Tessuto: TAFFETAS GRIGIO-AZZURRO RICAMATO IN APPLICAZIONE
Orditi: proporzioni: 1 di fondo; materie: seta, 1 capo, ‘Z’, grigio-azzurro; riduzione: 28 fili al cm
Trame: proporzioni: 1 di fondo; materie: seta, 2 capi abbinati, grigio azzurro; riduzione: 27-28 colpi al cm
Costruzione interna del tessuto: Armatura taffetas prodotta da ordito e trame di fondo color grigio-azzurro: Il decoro è realizzato applicando sul tessuto forme precostituite in taffetas giallo, bianco, nero, rosso con punti di contorno.
TAFFETAS DI COLORE GIALLO
Orditi: proporzioni: 1 di fondo materie: seta, 2 capi abbinati, giallo; riduzione: 40 fili al cm
Trame: proporzioni: 1 di fondo; materie: seta, 2 capi abbinati; giallo; riduzione: 40 colpi al cm
Costruzione interna del tessuto: Armatura taffetas prodotta da ordito e trame di colore giallo.
Descrizione del disegno: Sul campo color grigio-azzurro è disposta al centro un’aquila con il capo rivolto a sinistra su cui risaltano gli occhi di colore bianco e nero. Il corpo, le zampe e le ali dispiegate sono di colore giallo e gli artigli di colore rosso.
Il taffetas era interessato da fittissime lacerazioni e da lacune di grande entità che coinvolgevano parzialmente anche il tessuto del ricamo ad appliqué. Si è provveduto allo smontaggio dei calzari, alla pulitura del tessuto per aspirazione e per immersione in tetracloroetilene. Verificato che si trattava di due pezzi componenti in precedenza un vessillo simile a quello posto sul camice, si è provveduto al consolidamento dei pezzi ricostrendo il manufatto come tale su supporto di taffetas tinto del colore del tessuto originario.
Intervento: Francesco Pertegato-Centro restauri manufatti tessili di Milano
Dimensioni (del vessillo) a restauro ultimato: cm 61×65,5.
Le cosiddette calze pontificali sono state certamente ricavate da un vessillo che ha lo stesso impianto decorativo e le stesse dimensioni di quello rinvenuto sul camice (v.); risultavano sanate mediante pezze di tessuto sintetico cucite a macchina; le “suole” di entrambe, inoltre, erano realizzate con tessuto sintetico, diverso da quello delle pezze, applicate con grossolani punti a mano. Erano una molto più lunga dell’altra e imbottite con ovatta sintetica.
Stato di conservazione
Il taffetas di seta era interessato da fittissime lacerazioni e da lacune di grande entità che coinvolgevano parzialmente anche il tessuto del ricamo ad appliqué.
Trattamento
Operazioni preliminari: sono state smontate prima le “suole”, poi tutte le altre cuciture a macchina. Questo ha consentito di verificare che la trasformazione in calze è precedente al risanamento con cuciture a macchina (resta una cucitura piuttosto rozza e non antica, a mano, con seta rossa, di attacco della parte superiore del piede ai gambali). La questione è stata demandata alla Direzione dei lavori che ha optato per il ripristino del vessillo antico.
Pulitura: spolveratura per aspirazione e pulitura per immersione in tetracloro-etilene, a temperatura ambiente.
Consolidamento: smontate le parti che componevano le calze si è scoperto che i due grandi frammenti che costituivano le “tomaie” provengono dalla faccia sul rovescio del vessillo. Analogamente a quanto già individuato per il vessillo applicato sul camice, anche questo aveva due facce) . Riposizionati, i frammenti sono stati sottoposti a supporto totale, a cucito (punto posato) su taffetas di seta tinta nel colore del tessuto originario (campione 3); al fine di determinare il corretto ingombro del manufatto si è tenuto conto delle cuciture e delle pieghe persistenti presenti (rimane una qualche incertezza solo sul lato verticale destro). I due grandi frammenti non utilizzati vengono riconsegnati a parte.
AMITTO
Secolo XIV, manifattura italiana
Tela di lino ricamata; lino; 42×176
L’amitto è costituito da due pezzi di tela di lino color ecrù, ricamato a punto croce allungato con filati di seta rosso e blu. La decorazione si presenta a bande orizzontali distanziate sul fondo:
– da una estremità della stoffa si legge una prima teoria con una coppia di pappagalli affrontati verso uno stelo, ogni coppia è separata da un albero blu a cinque rami:
– una sequenza di coppie di pavoni affrontati verso un albero di vite con grappoli e pampini, alternate nei colori rosso e azzurro
– una terza fascia simile alla prima.
Dall’altra estremità:
– una sequenza di grifoni alati rossi e blu alternati, rivolti a destra, sono caratterizzati da testa d’uccello con corna, zampe anteriori da rapace, quelle posteriori leonine, come il resto del corpo, dietro un piccolissimo pappagallo o distanziato da una rosetta a quattro petali, come all’altezza della coda.
– una composizione con maglie a rete di rombi interrotta con motivi a croce rossi e azzurri di dimensione quadrata,
– un’altra sequenza di grifoni alati rivolti in altra direzione.
Storia e critica
L’amitto è databile alla seconda metà del secolo XIII.
Nel decoro il bestiario e i motivi vegetali con i loro significati simbolici risalgono iconograficamente al medioevo cristiano. Più precisamente si può considerare ancora legato al periodo romanico, in un momento di transizione, in quanto la decorazione geometrica, di tipo architettonico, è associata all’elemento animale preponderante. L’impostazione complessiva del manufatto (anche se probabilmente si tratta di due pezzi uniti) si associa a un genere destinato all’arredo piuttosto che all’abbigliamento.
Nei significati simbolici si leggono i legami con la mensa del Signore (altare). Il grifone alato è interpretato con aspetto positivo: in sequenza continua con atteggiamento di fierezza, come se spiccasse il volo verso l’alto, verso il sole, quale guardiano del simbolo della vita, rappresentato dall’uva. Questa a sua volta è simbolo del vino eucaristico e quindi del sangue di Cristo, è raffigurata sull’albero a cui sono affrontati i pavoni che con essa si ristorano, divenendo simboli dell’anima immortale. Il ricamo è probabilmente stato eseguito, su commissione, per l’uso ecclesiastico in riferimento alla raffinatezza stilistica, al tipo di materiali e ai temi iconografici trattati, si considera opera di ricamatori a cui era nota la produzione tessile più preziosa.
Per tutti questi aspetti sembra più probabile che l’oggetto avesse maggiori legami con l’arredo liturgico, più che con l’abbigliamento dei sacerdoti. L’amitto che veniva impiegato nella vestizione del sacerdote, fin dalle origini doveva essere di lino, le dimensioni prescritte erano diverse dalle quelle rilevate. Pertanto questo parato anche se appartenuto al Bertrando, in riferimento alla datazione, non era con tutta probabilità il suo amitto. Le dimensioni farebbero pensare a un tetravela, ossia quei veli che venivano appesi alle colonnine laterali del tempietto costruito sull’altare- ciborio, fino al XIII secolo. Per il fissaggio erano impiegati degli anelli sulle traverse disposte tra le colonne, gli strappi rilevati prima del restauro sui lati corti dell’amitto fanno pensare a una prolungata usura in tal senso. Oppure sono frutto i una sottrazione del tessuto a scopo di reliquia. Per arredare la mensa erano prescritte delle tovaglie, che dovevano essere di lino e talora potevano avere delle decorazioni simili. Anche nell’ambito “civile” si impiegavano oggetti di tale genere, come manutergi nell’arredo o altro nell’abbigliamento. Manufatti intessuti con impianto stilistico similare sono stati per più secoli attribuiti alla tradizione popolare o domestica. La loro destinazione d’uso, a seconda dei periodi poteva essere per la biancheria da casa o ecclesiastica. Tale genere di stoffe è stato rintracciato con un cospicuo numero di esemplari in area umbra o perugina, da cui la denominazione di tovaglie umbre o tovaglie perugine: Ma non si discostano da essi molti esemplari rinvenuti in Friuli.
TELA RICAMATA
Orditi: proporzioni: 1 di fondo; materie: lino, a capi diversi, ‘Z’, bianco; riduzione: 20 fili al cm
Trame: proporzioni: 1 di fondo, 2 del ricamo; materie: lino, a capi diversi, ‘Z’, bianco; per il ricamo: seta, 2-3 capi leggermente ritorti a ‘S’, colori: rosso, azzurro-blu; riduzione: 20 colpi al cm
Costruzione interna del tessuto: Armatura tela prodotta da ordito e colpi di fondo entrambi di colore bianco. Il decoro è realizzato a ricamo nel punto croce allungato con filati di seta colorati.
Descrizione del disegno: Su fondo bianco si distanziano bande orizzontali. Una prima teoria con una coppia di pappagalli affrontati verso uno stelo, ogni coppia è separata da un albero blu a cinque rami. Una sequenza di coppie di pavoni affrontati verso un albero di vite con grappoli e pampini, alternate nei colori rosso e azzurro. Una terza fascia simile alla prima. Una sequenza di grifoni alati rossi e blu alternati, rivolti a destra, sono caratterizzati da testa d’uccello con corna, zampe anteriori da rapace, quelle posteriori leonine, come il resto del corpo, dietro un piccolissimo pappagallo o corvo distanziato da una rosetta a quattro petali, come all’altezza della coda. Una composizione con maglie a rete di rombi interrotta con motivi a croce rossi e azzurri di dimensione quadrata, un’altra sequenza di grifoni alati rivolti in altra direzione.
L’amitto presentava evidenti strappi ai lati corti, lacerazioni, macchie di varia entità e sporco diffuso. Le lacerazioni e gli strappi sono stati sanati a cucito. Dopo i saggi di stabilità dei coloranti delle fibre, è stato effettuato il lavaggio in soluzione detergente acquosa, rimesso in forma il tessuto nel corso dell’asciugatura. Il tessuto è stato consolidato a mezzo di supporti locali, su tela tela di cotone tinta.
Intervento: Francesco Pertegato-Centro restauri manufatti tessili di Milano
Dimensioni: cm 176×42.
Si tratta, in effetti, di due frammenti, ricamati con motivi diversi a punto croce con seta rossa e blu, fissati a cucito lungo una linea parallela ai lati corti; anche i tessuti di fondo sono leggermente diversi. Potrebbe trattarsi di una tovaglietta o di un manutergio.
Stato di conservazione
Il tessuto è stato strappato sui lati corti; è inoltre interessato da una lacerazione da una cimosa all’altra e da una parziale, sanate a cucito in passato; lacune di piccola entità sono disseminate sull’intera superficie; è infine particolarmente sporco, ingrigito, con un grande deposito bruno e rigido ad una delle estremità prima del restauro, dopo il restauro. Per effetto dell’irrigidimento favorito dalla perdita di umidità il tessuto si era ristretto, ad accezione delle fasce ricamate, per cui i margini sui lati lunghi avevano assunto un andamento a golfi.
Trattamento
Pulitura: dopo i saggi di stabilità dei coloranti dei filati del ricamo, è stato effettuato il lavaggio in soluzione detergente acquosa e il tessuto rimesso in forma nel corso dell’asciugatura (tendeva a restringersi nelle sezioni non interessate dal ricamo); il risultato non è del tutto soddisfacente (il tessuto è rimasto molto scuro) ma non è stato possibile, per la presenza dei filati di seta a più colori, procedere a nessun tentativo di sbiancatura .
Consolidamento: è stato ottenuto a mezzo di supporti locali, a cucito (punto posato), su tela di cotone, tinta .
CUSCINO
Secolo XIV, manifattura italiana
Tela ricamata; materiali: lino; 33×49
Il cuscino di forma rettangolare è costituito da una solo pezzo del tessuto di colore bianco con decoro su ambo le parti realizzato a ricamo con filato di lino bianco, seta di colore verde e blu.
Nella parte a– il pavone, con le piume testurizzate da elementi a spina, ha il capo più simile a quello di un cavallo o di un cervo, dalla coda sembrano spiccare il volo delle colombe, la cornice circolare è definita da corolle a quattro petali congiunti da pallini, ma all’esterno gli stessi si leggono in quattro tipi diversi di uccellini stilizzati (rondinelle o colombine) che “beccano” la corona, si interseca una cornice più esterna a dentature diverse sui quattro lati.
Il calice a cui si abbevera il volatile è di tipologia alto-medievale, caratterizzato dalla coppa molto svasata di cui è uguale la base con profilo ondulato, unita da un’impugnatura a cipolla, la qualità materica si legge in una serie di rigature verticali alternate a serpentine.
Nella parte b– il pavone è più chiaramente suggerito per il capo arrotondato con un becco a punta , le piume sono descritte da segmenti obliqui, la coda variopinta, è rappresentata da una sequenza di steli con fiori, presumibilmente cardi. La cornice circolare è definita da una morbida dentatura, quattro elementi sono tesi all’esterno, agli angoli corolle lobate di tipo uguale, ma con diverso numero di petali. Un’ incorniciatura è composta in alto da una sequenza di quadrifogli, ai lati da motivi a quattro petali, a cui seguono in basso una sequenza di elementi a nastro e una a rombi, il lato inferiore è attraversato da una ghirlanda di fiori quadripetali congiunti da piccoli rombi.
Il calice si differenzia dal precedente per la caratterizzazione a striscioline ondulate. Lungo i bordi è stata applicata una passamaneria realizzata con cotone di colore naturale, all’uncinetto, non coeva, sugli angoli sono cucite nappine di filato bianco.
Storia e critica
L’ impianto del decoro si riconduce alla tipologia ad rotellas , l’iconografia rispecchia temi e motivi medievali, le caratteristiche tecniche del ricamo, molto semplice, si richiama più precisamente a manufatti ricamati del XII e XIII secolo. Tali verifiche suggeriscono la datazione alla seconda metà del XIII secolo, giustificando altresì l’ipotesi che il cuscino fosse del Patriarca in vita. Il Patriarca è ritratto in un ambiente in cui viene riprodotto un cuscino similare nel dipinto in cui è ritratto in preghiera .
Il calice è rintracciabile in tipologia ottomana, all’XI-XII secolo .
Dell’iconografia di questo cuscino A34 risulta interessante verificare innanzi tutto la differenziazione del pavone sulle due parti.
Tessuto: TELA DI LINO DI COLORE BIANCO RICAMATA
Orditi: proporzioni: 1 di fondo; materie: lino, 2 grossi capi di grossezza variabile, ‘Z’, bianco; riduzione: 15 fili al cm
Trame: proporzioni: 1 di fondo; materie: lino, 2 capi a grossezza variante, ‘Z’, bianco; per il ricamo: lino di colore bianco, seta, 2-3 capi, leggera torsione ‘S’, verde e blu; riduzione: 12 colpi al cm
Costruzione interna del tessuto: Armatura tela prodotta da ordito e trame di fondo di colore bianco di grossezza variabile. Il ricamo è realizzato con i punti pieno e spaccato, punto erba.
Descrizione del disegno: Sulle due parti a fondo bianco sono raffigurati due volatili. Su una faccia: entro una corona definita da fiori a quattro petali congiunti da pallini e intersecata da una cornice più esterna a dentature diverse è raffigurato un pavone che si abbevera a un calice, ha il capo più simile a quello di un cavallo o di un cervo, dalla coda si spiegano in volo colombe.
Sull’altra faccia il pavone ha il capo arrotondato con un becco a punta si abbevera a un calice caratterizzato da striscioline ondulate, le piume sono descritte da segmenti obliqui, la coda variopinta, è rappresentata da una sequenza di steli con fiori, presumibilmente cardi. La cornice circolare è definita da una morbida dentatura, quattro elementi sono tesi all’esterno, agli angoli corolle lobate di tipo uguale, ma con diverso numero di petali. Un’ incorniciatura è composta in alto da una sequenza di quadrifogli, ai lati da motivi a quattro petali, a cui seguono in basso una sequenza di elementi a nastro e una a rombi, il lato inferiore è attraversato da una ghirlanda di fiori quadripetali congiunti da piccoli rombi.
Il cuscino si presentava molto sporco, una macchia molto evidente su una faccia. E’ stata eseguita una spolveratura per aspirazione, una pulitura per immersione in tetracloroetilene, un trattamento delle macchie con solventi vari, un lavaggio in soluzione detergente acquosa. Non sono stati eseguiti supporti, è stata integrata una parte della sezione di pizzo con altro di tipo industriale.
Esecuzione: Centro restauro manufatti tessili di Milano
Intervento: Francesco Pertegato
Dimensioni: cm 32×49 (+ 10 cm dei fiocchi che sporgono dai due lati corti) .
Il cuscino è probabilmente frutto di un assemblaggio tra un tessuto di lino non sbiancato, ricamato con filo di lino bianco e seta non ritorta a due colori, e di una fascia laterale di pizzo realizzato all’uncinetto, forse più recente, di cotone greggio, mai lavato prima.
Stato di conservazione
Oltre che molto sporco il cuscino presentava, soprattutto su una faccia, una macchia estremamente deturpante, probabilmente di morchia .
Trattamento
Pulitura: Nell’ordine sono state effettuati le seguenti operazioni: spolveratura per aspirazione, pulitura per immersione in tetracloro-etilene, trattamento locale delle macchie sia con solventi organici (vari) che con miscela 1:1 di acqua e alcool etilico, lavaggio in soluzione detergente acquosa. Nel corso del lavaggio la fascia laterale di pizzo ha cominciato a restringersi mentre il tessuto di lino si rilassava; sono stati pertanto separati smontando le cuciture. Il risultato è sostanzialmente soddisfacente anche se, ad asciugatura conclusa, la fascia di pizzo mostra d’essere di circa 2,5 cm più corta del tessuto del cuscino.
Conclusione dell’intervento: il tessuto non richiedeva supporto; in accordo con la Direzione dei lavori, prima di provvedere al riassemblaggio delle parti è stata innestata alla fascia di pizzo all’uncinetto una sezione di pizzo di produzione industriale, tinto appositamente.
L’imbottitura del cuscino, piena di piume, viene conservata a parte.
LENZUOLO
O telo funebre, secolo XIV, manifattura italiana
Tela ricamata; lino; 434X154
Il lenzuolo è costituito da due teli di lino bianco, larghi ognuno 75 cm, uniti centralmente con una cucitura per tutta la lunghezza. Il decoro a ricamo in tinta, è rappresentato da un grande pannello rettangolare centrale (325×68) di crocette greche, all’esterno con distanza di 8 cm, una cornice rettangolare larga 7 cm, una seconda cornice più esterna di cm 8, sui lati minori del parato le due cornici si allargano, la prima raggiunge11 cm e la seconda cm 17.
Storia e critica
La tipologia del ricamo si richiama a produzioni similari dell’area svizzera e tedesca, soprattutto per esemplari di grandi dimensioni. La qualità del ricamo rimanda a ricamatori professionisti. Lo stesso genere di ricamo decora un frammento di tela similare.
Il parato è stato a lungo denominato come lenzuolo del Patriarca Bertrando, conservato all’interno dell’arca marmorea. In rispetto alla trasmissione perpetuatasi è stata mantenuta tale definizione dell’oggetto, pur riscontrando similitudini con superfrontali e tovaglie d’altare dell’epoca. Le dimensioni sono conformi a quelle di altri parati similari e di stoffe più preziose che sono stati utilizzati con lo stesso scopo, per altre personalità ecclesiastiche insieme a quelle più preziose di seta. Il motivo della croce ripetuto all’infinito, quale decoro del tessuto, si presentava comunque adatto e coerente con l’uso per un sarcofago. Le lacune rilevate ai margini, talora sembrano asportazioni vere e proprie di tessuto, facendo intendere che possano essere state sottratte come reliquie.
Tessuto: TELA DI LINO BIANCO RICAMATO CON FILATO DI LINO BIANCO
Orditi: proporzioni: 1 di fondo; materie: 2/3 capi a torsione variabile ‘S’, bianco; riduzione: 18 fili ca. al cm
Trame: proporzioni: 1 di fondo, 1 per il ricamo; materie: di fondo: lino, 2/3 capi a torsione variabile ‘S’, bianco; per il ricamo: lino, di grossezze variabili, bianco; riduzione: 18 fili ca. al cm
Costruzione interna del tessuto: Armatura tela prodotta da ordito e trame di fondo entrambi di colore bianco, la decorazione è realizzata a ricamo con lino bianco con il punto “spirito” (la resa è simile al punto in aria nel merletto).
Descrizione del disegno: Una miriade di croci greche disposte a cinque a cinque creano un rettangolo, in modo tale che le braccia di quella centrale si prolungano in quelle delle altre quattro crocette poste negli angoli. Questo semplice motivo è ripetuto all’infinito, senza soluzione di continuità, a tappeto, determina una fitta rete di maglie romboidali, ognuna delle quali ha bordi dentellati e dunque assume l’aspetto di una formella polilobata.
Il telo, oltre a macchie, sporco diffuso e lacune piuttosto vaste, presentava mancanze assai vistose ai margini, in precedenza sanate con pezze di tessuto incongruo, fissate rozzamente con cuciture a macchina . Sono state rimosse le pezze; le aree lacunose e indebolite sono state supportate interinalmente tra due strati di tulle di nylon, fissati a cucito. Si è provveduto alla pulitura con un lavaggio in soluzione detergente acquosa. La solidità residua del telo era tale da non richiedere l’applicazione di un supporto totale; si è quindi proceduto con numerosi supporti locali.
Intervento: Francesco Pertegato, Centro restauri manufatti tessili di Milano
Il telo funebre è ottenuto cucendo alle cimose due pezze di tela di lino, sbiancata. Ricamo in filo di lino sbiancato.
Stato di conservazione: Il telo, oltre a macchie, sporco diffuso e lacune piuttosto vaste, presenta mancanze assai vistose ai margini (vedi grafico 1 ), in precedenza sanate con pezze di tessuto incongruo, fissate rozzamente con cuciture a macchina.
Trattamento
Operazioni preliminari: sono stati rimosse le pezze; le aree lacunose e indebolite sono state supportate interinalmente tra due strati di tulle di nylon, fissati a cucito.
Pulitura: lavaggio in soluzione detergente acquosa, contenente 1 g/l di tensioattivo non ionico e 0,4 g/l di carbossimetilcellulosa di sodio. Non si è proceduto a nessun ulteriore intervento di sbiancatura per eliminare le macchie più resistenti, al fine di conservare il carattere di documento storico e, nel contempo, evitare l’aspetto di “fresco di bucato” che caratterizza molti tessili antichi restaurati .
Supporto: la solidità residua del telo era tale da non richiedere l’applicazione di un supporto totale; si è quindi proceduto con numerosi supporti locali. Il tessuto scelto (una tela di cotone a bassa riduzione) è stato tinto in un colore simile a quello del tessuto antico. Il consolidamento è stato condotto a cucito (punto posato) . Poiché ci sono ampie lacune ai margini, talvolta di forma anche molto irregolare, il supporto in corrispondenza è tale da coprire l’ingombro originario; è stata tuttavia rimandata al momento dell’esposizione in Museo la decisione se il supporto dovrà ripristinare le parti mancanti oppure limitarsi a consolidare il tessuto allo stato di frammento, lasciando in vista il tessuto di supporto solo per le lacune che si trovano all’interno dei margini.
MANIPOLO
E’ una delle “insegne liturgiche”, ora non più usate dal sacerdote durante le celebrazioni. Consiste in una striscia di stoffa con le parti terminali di forma trapezoidale, che viene fissata sull’avambraccio sinistro, generalmente per mezzo di fettucce, è prescritto che sia della stessa stoffa della pianeta o almeno del colore di questa. Sono previste rifiniture con frange, campanelli. L’origine del m. è romana, derivato dalla mappula, una specie di fazzoletto di tessuto leggero, la cui funzione era eminentemente decorativa.
Molte le interpretazioni simboliche che si sono succedute nel corso dei secoli, prevalentemente legate ai significati di purezza, di virtù e dell’impegno di fedeltà a Dio preso dal sacerdote.
SCIAMITO
Dal latino medioevale sciammitum, examitum, samita’ (tessuto di seta), a sua volta dal tardo greco ‘hexamitos’ (héx= sei, mitos = filo, tessuto a sei fili), lo sciàmito si incontra in documenti veneziani come sàmis. Tecnicamente è composto da due orditi, uno di fondo e uno di legatura e di un minimo di due trame, che vengono legate in diagonale.
L’area mediorientale è quella più accreditata dalla critica come origine di questa tipologia.
ROSA A OTTO PETALI
Otto significa vita futura. Il valore simbolico della rosa è antichissimo. Per la simbologia cristiana la rosa rossa era simbolo del sangue versato da Gesù crocifisso. Iconograficamente, in ambito ecclesiastico, la rosa essendo la regina dei fiori, divenne il simbolo di Maria Vergine.
TAFFETAS, TELA
E’ la più semplice delle armature (sistema di intreccio dei fili d’ordito con quelli di trama), da essa derivano tutte le altre, per realizzarla si sollevano tutti i fili di ordito dispari al passaggio delle trame dispari, e tutti quelli pari al passaggio delle trame pari. Si definisce come taffetas quando viene realizzato con seta, se si impiegano lana, lino o cotone assume il nome di tela.
ARGENTO
– Filato: si ottiene avvolgendo la lamina di argento su anima di seta, lino, o canapa.
– Membranaceo: o argimpello, si otteneva tagliando a striscioline molto strette la pelle di budella di animale dopo l’argentatura, generalmente fatta da una lamina sottilissima ottenuta da un procedimento di battitura, coloro che eseguivano tale operazione erano detti “Battiloro”.
Tra il XIII e il XIV secolo veniva avvolto a spirale su un’anima di seta, di lino o di canapa.
FIOR di LOTO
Questo fiore diffuso nei paesi del bacino del Mediterraneo e dell’Asia ha lo stesso significato che la rosa e il giglio hanno in area Europea. A seconda delle aree assume diverse simbologie. I suoi aspetti principali derivano dalla sua particolarità di distendersi sulla superficie delle acque stagnanti, uscendo da esse non ne viene macchiato perciò gli viene attribuito il simbolo di purezza. Il loto tradizionale ha otto petali, è come lo spazio che ha otto direzioni, viene inteso come simbolo dell’armonia cosmica.
LUCCA
Città toscana a cui in quel periodo stando alle testimonianze vengono assegnate proprio la produzione dei diaspri con gli elementi decorativi presenti in quello del duomo di Udine: teste degli animali, rotelle sulle ali, zampe… rilevati in oro o argento sul fondo bianco.
STATUTO DELL'ARTE DEI SAMITERI
Nello Statuto dell’Arte dei Samiteri il “Capitulare Samiteriorum”, conservato nell’Archivio di Stato di Venezia, Sala Margherita, che è un manoscritto frutto di riforma di un testo più antico, vengono tramandati i provvedimenti relativi all’Arte sia per la vita corporativa che per le tecniche e le tipologie dei tessuti. Tra queste si ricorda, quale esempio, che veniva fissato il numero complessivo dei fili d’ordito, l’altezza pertanto della stoffa, eventuale riferimento bibliografico D.DAVANZO POLI – S. MORONATO, Le stoffe dei veneziani, Venezia, Albrizzi Editori, 1994.
Si rimanda inoltre a D. DEVOTI, L’arte del tessuto in Europa, Milano, 1974, 1993 (II ed); P. PERI, Due tessuti a confronto:…in L DOLCINI a cura di, La casula di San Marco papa, Firenze, 1992, pp.73-85; A. VITALI, La moda a Venezia attraverso i secoli, Venezia, 1992.
AD ROTELLAS, A RUOTA
Con tale definizione si intende indicare quel genere di decorazioni in cui si rileva un’impostazione dei motivi entro cornici circolari, simili a ruote, che potevano essere affiancante, tangenti una all’altra, raccordate da elementi floreali o geometrici, in tal modo realizzavano una rete su una superficie ampia, oppure potevano essere disposte verticalmente o orizzontalmente per tessuti di forma stretta e lunga, come per esempio bordure. E’ la decorazione più addebitata ai tessuti di origine sassanide.
DALMATICA e TUNICELLA
Attualmente sono le vesti impiegate rispettivamente dal diacono e dal suddiacono e indossate sopra altri indumenti durante le messe solenni e nelle processioni e sono costituite dello stesso tessuto della pianeta o del piviale dell’officiante. Con il cerimoniale romano si distinguevano nel tipo di maniche: più strette e lunghe nella T., in entrambe le vesti erano lunghe fino al polso, dal XVI secolo accorciate all’omero. Altre caratteristiche sono la forma trapezoidale nel tronco, con apertura laterale, e lo scollo leggermente ovale con bottoni e nastri. Gli ornamenti sono inoltre rappresentati per la D. in guarnizioni intorno all’orlo delle maniche e i galloni, o ricami che si richiamano ai galloni, detti clavi disposti in verticale sulla parte anteriore e posteriore, che possono creare un’area quadrangolare nella zona centrale anteriore, oppure fungere da perimetro a un pannello decorativo di altro tessuto.
L’origine di questo indumento è profana, si ritiene venisse usato a Roma al tempo degli Antonini, nel II secolo, sia dagli uomini che dalle donne, ed era lunga fino ai piedi con maniche lunghe e larghe al polso. Il suo nome deriva dal latino dalmaticus, cioè della Dalmazia, luogo in cui era usata una tunica similare, introdotta dai Bizantini. Nel corso della storia si sono distinti fogge, tessuti e ornamenti sia della D che della T. , va ricordato che la D fu di colore bianco fino al volgere del primo millennio, successivamente divennero anche di colore, con il formarsi del canone dei colori nel XII secolo si sono diffuse più ampiamente.
DIASPRO
Dal latino medievale diasprum, deriva dal greco diàspros bianchissimo, inteso come rafforzativo data la monocromia tra disegno e fondo, ma poteva indicare anche il tipo di decoro rappresentato da animali e uccelli disposti su teorie. Come genere di stoffa è attestata soprattutto con il XIII secolo, con il XVI secolo non è più documentato. Può dirsi dunque un tessuto medievale, i cui esemplari più rinomati erano quelli lucchesi.
CERVO
Nelle culture antiche le sue corna vengono interpretate come simbolo dei raggi del Sole. Nel medioevo cristiano il cervo o i cervi affrontati, sono rappresentati che piluccano dell’uva o davanti un albero della vite, come simbolo dell’uomo che già sulla terra può partecipare ai beni divini.
Il cervo davanti a sorgenti d’acqua, fonti ecc. ha altri significati.
GRIFO, GRIFONE
Nell’iconografia può essere di due varietà: l’uccello-grifone in cui è mescolato il corpo leonino e la testa da uccello, con o senza ali, zampe anteriori di rapace e quelle posteriore di leone; oppure il grifone-leone che ha il corpo leonino, con o senza ali, le zampe anteriori di leone e le posteriori di uccello, la testa di leone e la coda di uccello.
E’ stato adottato in tutti gli universi mitologici rappresentando il tramite tra il mondo terreno e l’ultraterreno, pere la simbologia cristiana nel g. si vedono pertanto le due nature di Cristo quella divina e quella umana. Quando sono affrontati a un albero, a un’anfora, a una fonte, a una pigna, (tutti simboli della vita), vanno interpretati come guardiani, perché dotati dei sensi acuti dell’aquila e della forza del leone.
AQUILA
E’ il re degli uccelli, come il leone è il re degli animali, vola verso il sole, resistendo alla luce celeste, uccide i serpenti, può giungere da posti altissimi, fin dall’antichità è simbolo della luce. Nelle decorazioni di tutti i tipi di manufatti è tra i motivi più rappresentati, è simbolo del potere e della vittoria pertanto figura nell’araldica, è presente in stendardi di molte nazioni. Nel medioevo alludeva all’ascensione di Cristo. Il simbolo dell’aquila va considerato in rapporto con l’immagine tetramorfica: i quattro animali delle visioni di Ezechiele e di San Giovanni Battista che può pertanto rappresentare.
L’unione di parti dell’aquila e del leone dava luogo all’immagine del grifone.
LAMPASSO
Dal francese lampasse termine in uso tra ‘700-‘880 che indicava tessuti operati per tappezzeria. E’ propriamente un tessuto operato diffuso dal X secolo, costituito da almeno due orditi, uno di fondo che con la trama di fondo crea l’armatura di fondo (tela, diagonale…) e uno di legatura necessario a fermare le trame supplementari lanciate impiegate per la realizzazione del disegno, insieme anche a altre trame supplementari (broccate, spolinate).
FIOR di LOTO
Questo fiore diffuso nei paesi del bacino del Mediterraneo e dell’Asia ha lo stesso significato che la rosa e il giglio hanno in area Europea. A seconda delle aree assume diverse simbologie. I suoi aspetti principali derivano dalla sua particolarità di distendersi sulla superficie delle acque stagnanti, uscendo da esse non ne viene macchiato perciò gli viene attribuito il simbolo di purezza. Il loto tradizionale ha otto petali, è come lo spazio che ha otto direzioni, viene inteso come simbolo dell’armonia cosmica.
CARDO
In ambito occidentale cristiano il cardo simboleggia la passione di Cristo e dei Martiri, infatti le immagini dei Martiri si trovano spesso incorniciate da tralci di cardi. Il cardo mariano pezzato di bianco significava il latte materno di Maria, inteso perciò come un medicinale.
Quando il cardo viene tagliato non perde la sua forma, per questo nella cultura cinese simboleggia la tenacità, la lunga vita.
PROVENIENZA CINESE
La prima indagine storico critica dei tessuti: D.DAVANZO POLI, Tessuti antichi, in G.MORANDINI-D:ZANELLA, Tessuti e tessitura, Udine, 1986, p. 39.
C. SOMEDA de MARCO
Il duomo di Udine, 1970, p. 117 nota 9, riferendosi agli Annales Civitates Utini della Biblioteca Civica di Udine.
CLAVI
Dal latino clavus, striscia; banda ornamentale verticale realizzata a telaio con decoro geometrico e vegetale, nelle vesti medievali risulta cucita sopra il tessuto.
ALBERO DELLA VITA
L’a. è sia nella cultura orientale che occidentale un motivo iconograficamente molto rappresentato e con riferimenti simbolici diversi. In ambito mediorientale era associato al culto della Madre-Terra, e i riti connessi dovevano favorire l’abbondanza dei raccolti
Nel medioevo la Chiesa riconosceva nella croce di Cristo l’a.della vita, poiché con il legno dell’albero della conoscenza del paradiso si è costituita la croce di Cristo che per il fedele è diventata l’a.della vita.
L’a. inaridito o i tronchi interrotti che però presentano segni di inverdimento sono simbolo della Resurrezione.
PAPAGALLO
Nel bestiario medievale il p. viene raffigurato nelle immagini del paradiso come un animale tranquillo ma allo stesso tempo ribelle, ossia con una personalità determinata. Ciò in relazione alla leggenda che essendo un uccello parlante avesse imparato a dire il nome di Eva, che all’incontrario è Ave, ovvero il saluto rivolto dall’arcangelo Gabriele nell’Annunciazione alla Vergine Maria, che pertanto capovolta è l’immagine pura di quella peccatrice di Eva. Il p. rappresenta così simbolicamente il lato positivo della salvazione del mondo e quello negativo del peccato originale.
VELO DA CALICE
E’ un panno di forma quadrata con lato non superiore ai 68 cm, con cui si coprono calice e patena fino all’offertorio, in seguito per la comunione. In ambito medievale era una specie di velo. I v. impiegati dal XVI secolo dovevano essere di tessuto consistente e con decorazioni, rifiniti da merletti o galloni dorati lungo i lati, e con al centro una croce ricamata o applicata.
PAPAGALLO
Nel bestiario medievale il p. viene raffigurato nelle immagini del paradiso come un animale tranquillo ma allo stesso tempo ribelle, ossia con una personalità determinata. Ciò in relazione alla leggenda che essendo un uccello parlante avesse imparato a dire il nome di Eva, che all’incontrario è Ave, ovvero il saluto rivolto dall’arcangelo Gabriele nell’Annunciazione alla Vergine Maria, che pertanto capovolta è l’immagine pura di quella peccatrice di Eva. Il p. rappresenta così simbolicamente il lato positivo della salvazione del mondo e quello negativo del peccato originale.
CALZARI
Derivano da una calzatura civile, distintiva di una classe in uso a Roma, in seguito propriamente dei senatori romani. Si distinguono comunque dai sandali che coprivano solo il piede ed esternamente al calzare. I c. venivano indossati dal piede fino al ginocchio, erano impiegati solo nelle messe pontificali e assoggettati al canone dei colori. L’uso spettava al Papa, ai Vescovi, ai diaconi.
Simbolicamente rappresentano la disponibilità del Vescovo a recarsi in ogni luogo per annunziare il Vangelo, come fu per gli Apostoli.
Ricamo in applicazione
E’ un ricamo realizzato con parti di tessuto ritagliate, poi applicate coprendo un disegno eseguito prima, con punti raso, pieno, i bordi possono essere rifiniti con cordoncino dorato o d’argento fissato con punto steso. Danno luogo a disegni anche di grande dimensione, al di sotto possono essere imbottiti per ottenere rilievo, creando similitudini per esempio con i coevi lavori in or nué, in maniera più economica sia sotto l’aspetto materico che per il tempo di esecuzione.
E’ una tipologia utilizzata già con il Medioevo, diffusa in Italia con il XVI secolo, si afferma più largamente con il secolo XVII, di cui rimangono molti esemplari destinati in particolare a tappezzerie.
Frammento
Il frammento (111 x 32) di tela di lino bianco è di forma irregolare, con un orlo solo su uno dei lati corti. Presenta una decorazione incompleta a ricamo, con due motivi a losanghe, paralleli realizzati nei punti catenella, un punto che non figura nel lenzuolo, motivi delimitati da un doppio motivo a croci greche, come quello rilevato nel lenzuolo.
Il tipo di decorazione, se pur parziale, fa ritenere che le dimensioni della pezza fossero originariamente ampie, si suppone che forse si tratta della rimanenza di un telo simile a quello del lenzuolo, a cui fa riscontro un decoro similare. Per la datazione del frammento si è fatto riferimento proprio a queste ultime caratteristiche.
Va tenuto conto che i sarcofaghi erano ricoperti da più di un telo di lino a cui poi si sovrapponevano i tessuti più preziosi. Pertanto non va escluso che si trattasse di un altro “lenzuolo”, con dimensioni notevoli, in seguito rovinato. Restauro Stato di conservazione: è un frammento, completo di orlo solo su uno dei lati corti, gli altri sono sfrangiati, una piccola sezione è quasi staccata da una lacerazione, ci sono piccole lacune, il tessuto è sporco e macchiato. Trattamento: pulitura e consolidamento sono stati condotti in modo analogo al telo funebre.
AMITTO
Secondo la documentazione liturgica antica veniva chiamato “angolaium”, “angolagium” derivato dal greco, e significante mantelletto. Il termine “amictus” si trova per la prima volta agli inizi del secolo IX. Fa parte della biancheria del sacerdote, destinato a essere indossato dal celebrante per coprire la zona del collo e delle spalle, in modo da proteggere i parati più importanti dal contatto diretto con il corpo, inoltre nella stagione invernale riparava dal freddo il celebrante. E’ costituito da tela di lino o di cotone, di forma rettangolare, con due cordelle su due angoli, usate per il doppio allacciamento intorno al torace, mantenendo più aderenti le vesti di sotto rendeva più agili i movimenti delle braccia. L’unica decorazione attualmente è rappresentata da un crocetta disposta sulla metà del lato più lungo che viene baciata prima della vestizione. Amitti con decorazioni di altre stoffe applicate, sono stati rintracciati in riferimento ai secoli XIII e XIV. Nel corso dei secoli sono stati assegnati diversi significati e simboli connessi con il colore bianco, al modo in cui cinge il collo e viene disposto sulla nuca.
TAFFETAS, TELA
E’ la più semplice delle armature (sistema di intreccio dei fili d’ordito con quelli di trama), da essa derivano tutte le altre, per realizzarla si sollevano tutti i fili di ordito dispari al passaggio delle trame dispari, e tutti quelli pari al passaggio delle trame pari. Si definisce come taffetas quando viene realizzato con seta, se si impiegano lana, lino o cotone assume il nome di tela.
PAVONE
E’ un uccello originario dell’India, se ne apprezza la singolare bellezza in molte culture sia orientali che occidentali. Gli antichi ritenevano che la sua carne fosse incorruttibile, perciò per l’arte sacra era considerato simbolo di immortalità e della Resurrezione di Cristo.
Due pavoni che si abbeverano a un calice alludono alla rinascita spirituale.
Talora il pavone viene associato all’attributo di superbia, quale interpretazione negativa, poiché prova piacere a guardarsi e a esibire le piume variopinte.
ALBERO della VITE
Per la cultura cristiana è simbolo di Cristo e della fede cristiana, poiché secondo il passo di Giovanni nelle Sacre Scritture, Gesù avrebbe detto “Io sono la vera vite”. L’uva nell’arte sacra è simbolo del vino eucaristico e quindi del sangue di Cristo.
GRIFO, GRIFONE
Nell’iconografia può essere di due varietà: l’uccello-grifone in cui è mescolato il corpo leonino e la testa da uccello, con o senza ali, zampe anteriori di rapace e quelle posteriore di leone; oppure il grifone-leone che ha il corpo leonino, con o senza ali, le zampe anteriori di leone e le posteriori di uccello, la testa di leone e la coda di uccello.
E’ stato adottato in tutti gli universi mitologici rappresentando il tramite tra il mondo terreno e l’ultraterreno, pere la simbologia cristiana nel g. si vedono pertanto le due nature di Cristo quella divina e quella umana. Quando sono affrontati a un albero, a un’anfora, a una fonte, a una pigna, (tutti simboli della vita), vanno interpretati come guardiani, perché dotati dei sensi acuti dell’aquila e della forza del leone.
ROSA A OTTO PETALI
Otto significa vita futura. Il valore simbolico della rosa è antichissimo. Per la simbologia cristiana la rosa rossa era simbolo del sangue versato da Gesù crocifisso. Iconograficamente, in ambito ecclesiastico, la rosa essendo la regina dei fiori, divenne il simbolo di Maria Vergine.
RICAMATORI
Tra medioevo e rinascimento i ricami più pregiati sono opere di ricamatori professionisti, che operavano all’interno di una bottega che si può considerare una vera e propria fucina artistica, con apprendisti e lavoranti, e in cui l’arte del ricamo veniva trasmessa da padre in figlio. La particolare bellezza dei ricami era legata al modello di ricamo che spesso, in base anche alle testimonianze pervenute (documenti, cartoni, disegni e schizzi autentici), erano opera di pittori anche famosi. In base al modello i r. eseguivano il ricamo in stretta collaborazione con gli artisti. I committenti di queste preziose opere erano parroci, vescovi, il papato, i nobili, i ricchi borghesi, o le corporazioni di arti e mestieri che vedevano nel ricamo ecclesiastico la dimostrazione della loro devozione alla Chiesa in particolari occasioni.
Riferimenti bibliografici essenziali
M. SCHUETTE – M.MULLER- CHRISTENSEN, Il ricamo nella storia e nell’arte, Roma, 1963
D.DAVANZO POLI-C.PAGGI COLUSSI, Pizzi e ricami, “I nuovi quaderni dell’antiquariato”, Milano, 1981
AD ROTELLAS, A RUOTA
Con tale definizione si intende indicare quel genere di decorazioni in cui si rileva un’impostazione dei motivi entro cornici circolari, simili a ruote, che potevano essere affiancante, tangenti una all’altra, raccordate da elementi floreali o geometrici, in tal modo realizzavano una rete su una superficie ampia, oppure potevano essere disposte verticalmente o orizzontalmente per tessuti di forma stretta e lunga, come per esempio bordure. E’ la decorazione più addebitata ai tessuti di origine sassanide.
ICONOGRAFIA CUSCINO
Riscontrato che nelle due parti del cuscino la figura del volatile si differenzia nelle caratteristiche e in certi motivi, è possibile interpretare diversamente l’iconografia.
Invece del pavone, potrebbe trattarsi della fenice, in considerazione alla diversa resa del soggetto, presenta inoltre elementi che lo giustificherebbero.
La fenice, simbolo della luce e dell’immortalità, era nel Medioevo abitualmente connessa alla crocifissione e figurava come attributo della personificazione della castità.
Frammento
Il frammento (111 x 32) di tela di lino bianco è di forma irregolare, con un orlo solo su uno dei lati corti. Presenta una decorazione incompleta a ricamo, con due motivi a losanghe, paralleli realizzati nei punti catenella, un punto che non figura nel lenzuolo, motivi delimitati da un doppio motivo a croci greche, come quello rilevato nel lenzuolo.
Il tipo di decorazione, se pur parziale, fa ritenere che le dimensioni della pezza fossero originariamente ampie, si suppone che forse si tratta della rimanenza di un telo simile a quello del lenzuolo, a cui fa riscontro un decoro similare. Per la datazione del frammento si è fatto riferimento proprio a queste ultime caratteristiche.
Va tenuto conto che i sarcofaghi erano ricoperti da più di un telo di lino a cui poi si sovrapponevano i tessuti più preziosi. Pertanto non va escluso che si trattasse di un altro “lenzuolo”, con dimensioni notevoli, in seguito rovinato. Restauro Stato di conservazione: è un frammento, completo di orlo solo su uno dei lati corti, gli altri sono sfrangiati, una piccola sezione è quasi staccata da una lacerazione, ci sono piccole lacune, il tessuto è sporco e macchiato. Trattamento: pulitura e consolidamento sono stati condotti in modo analogo al telo funebre.
In Friûl si cjatin mantîi, vâl a dî tavaiis pal altâr, che a àn la decorazion intiessude, ven a stâi fate propit cu la trame e no ricamade dopo, cemût che invezit al sucêt intai mantîi che a son clamâts umbris o perusins. Di mantîi di cheste sorte a ‘nd è ancjemò cetancj intes glesiis de Cjargne. Intal Museu de Plêf di Guart e intal Museu Cjargnel di Tumieç a son esponûts mantîi e piecis par suiâ lis mans dal predi intal ofertori, cun tipologjiis decorativis diferentis: in cualchi esemplâr si puedin viodi elements che si somein a chei de iconografie dal cussì clamât amit di Udin. Si puedin datâ ai secui XVI, XVII e XVII, a son caraterizâts di tiessûts di lin di colôr blanc cun armadure semplice. Lis decorazions a risaltin par traviers, intai tons dal perlin. Pal plui chescj ogjets a vignivin donâts aes glesiis cuant che e nasseve une frute, par une gnoce, tant che at di devozion ae Vergjine o par un avôt.
La lôr produzion e je, par ce che si pues pensâ ancje par chestis zonis, il risultât di une culture familiâr che e pues jessi stade puartade indenant par dôs viis: la tiessidure fate in cjase o ben la ativitât des fradaiis.
La difusion plui grande in teritoris tant che il Friûl, la Umbrie e la Toscane e podarès jessi dovude ae presince di fameis che a rivavin massime dal centri de Italie, emigradis intal secul XIV, e des fradaiis di mistîrs emigradis ancje chês pûr dome par un pôc di timp.
Cheste tipologjie di tiessidure e jere fate pal plui in Umbrie, par chest si fevele di mantîi umbris o perusins. La tradizion e je puartade indenant ancjemò in dì di vuê dai artesans locâi.
Dut câs si puedin clamâ mantîi cjargnei chei presints in Friûl, stant che no son documents che a fevelin di relazions e scambis comerciâi par chescj ogjets. In cualchi esemplâr a son siglis o acronims che a fasin riferiment a personis ancje pe lôr realizazion. Si pues, duncje, escludi l’acuist fûr dal teritori.
Il dibatiment su chest argoment nol è sierât; a son, di fat, ancjemò tancj aspiets di sclarî e di studiâ.