Paramenti sacri
I paramenti esposti sono realizzati con tessuti tipologicamente, tecnicamente e matericamente pertinenti i secoli XIII, XIV. Si tratta di stoffe realizzate da manifatture italiane e orientali. Costituiscono un nucleo singolare oltre che per i secoli attribuiti, anche per la rarità. Solo per alcuni di essi esistono esemplari veramente simili. Dalle ricerche svolte risulta che le descrizioni riportate negli inventari dei beni di Bertrando post mortem, taluni paramenti trovano relazione con quelli presenti nel museo.
I paramenti fanno parte del corredo funerario del beato Bertrando (1280 ca.-1350), conservati all’interno dell’arca, per questo sono considerati come appartenuti al patriarca in vita. Sappiamo anche dai documenti degli agiografi del periodo, che in relazione al culto del beato, voluto dal suo successore Nicolò di Lussemburgo, vi fu una prima esumazione del corpo del Bertrando già nel 1351. In tale occasione vennero mantenuti i parati con cui era rivestito il corpo. Altre successive traslazioni, finalizzate al culto, hanno probabilmente comportato l’aggiunta o il ricambio di vesti, in particolare della pianeta, come pure la sottrazione di alcune parti dei tessuti, a scopo di reliquie, per esempio del lenzuolo che era il tessuto che copriva il corpo e il sarcofago quindi quello a più diretto contatto con l’esterno. Con l’ultima esumazione nel 1756 tutti i paramenti esposti furono tolti dal sarcofago e dal corpo del Bertrando che fu rivestito con i paramenti settecenteschi donati dal Patriarca Daniele Delfino, come figurano nell’attuale sarcofago nella cappella di San Giuseppe (navata sinistra della Cattedrale).
Camice
Secoli XIV e XVI manifattura italiana
Tela e taffetas ricamato; lino, seta; 315×136
Il camice è costituito da una tela di lino bianco, presenta una forma conica molto allargata, un’apertura centrale, dallo scollo circolare fino al punto vita, con sette bottoncini a forma di granelli costituiti dal tessuto e corrispondenti alle asole di filo bianco. Le maniche sono formate da quattro pezzi del tessuto, presentano una congiunzione a tre quarti dell’avambraccio concludendosi molto strette e prive di orli.
Nella parte centrale anteriore e inferiore è stato applicato un pannello di taffetas color azzurro con ricamo ad applicazione di taffetas color senape raffigurante un’aquila con le ali dispiegate, volta a sinistra.
Storia e critica
La foggia del c. è di per sé singolare, come è stato evidenziato nel corso del RESTAURO (v.), in particolare osservando le cuciture delle maniche, queste presentano una specie di paramano. Il pannello serico è stato applicato e risulta essere il vessillo patriarcale più antico di tale materiale, presente in regione. Il decoro si presenta realizzato con la tecnica ad applicazione molto frequente nel XVI-XVII secolo. Pur mancando alcuni particolari di rifinitura, perduti o manomessi nel tempo, risulta un lavoro eseguito con abilità. Molto probabilmente si tratta di una delle due parti di un vessillo poiché lo stesso manufatto costituiva, suddiviso in due parti, i CALZARI, la ricomposizione dei pezzi durante il RESTAURO ne ha dato conferma in riferimento alle dimensioni. Il camice, che per la foggia è stato attentamente indagato durante il restauro, conferma la datazione al secolo XIV anche per le caratteristiche chimico-fisiche del tessuto. Si presume pertanto sia appartenuto al beato Bertrando in vita.
TELA DI LINO DI COLORE BIANCO
Orditi: proporzioni: 1 di fondo; Materie: lino, 1-3 capi, torsione ‘Z’ variabile, bianco; Riduzione: 22 fili al cm
Trame: proporzioni 1 di fondo; Materie: lino, 2-3 capi, torsione ‘Z’ variabile, bianco; riduzione: 22 colpi al cm
Costruzione interna del tessuto: Armatura tela prodotta da ordito e trame di colore bianco con irregolarità di torsione.
Descrizione del disegno: Superficie unita di colore bianco.
Schede tecniche dei tessuti del pannello:
- Taffetas grigio-azzurro ricamato
Orditi: proporzioni: 1 di fondo; materie: seta, 1 capo, ‘Z’, grigio-azzurro; riduzione: 28 fili al cm
Trame: proporzioni: 1 di fondo; materie: seta, 2 capi abbinati, grigio azzurro; riduzione: 27-28 colpi al cm
Costruzione interna del tessuto: Armatura taffetas prodotta da ordito e trame di fondo color grigio-azzurro: Il decoro è realizzato applicando sul tessuto forme precostituite in taffetas giallo, bianco, nero, rosso con punti di contorno. - Taffetas di colore giallo
Orditi: proporzioni: 1 di fondo; materie: seta, 2 capi abbinati, giallo; riduzione: 40 fili al cm
Trame: proporzioni: 1 di fondo; materie: seta, 2 capi abbinati; giallo; riduzione: 40 colpi al cm
Costruzione interna del tessuto: Armatura taffetas prodotta da ordito e trame di colore giallo.
Il ricamo risulta color senape su fondo azzurro con la figura di un’aquila con le ali dispiegate, il capo volto a sinistra.
Il camice presentava vistose asimmetrie nella foggia, Il tessuto era disseminato di piccolissime lacune provocate semplicemente dall’usura e dai frequenti lavaggi, di macchie della più varia natura, incluse quelle di ruggine dovute a spilli metallici. Dopo aver staccato il vessillo in taffetas, rimosse le pezze applicate con cuciture a macchina, è stata effettuata la pulitura con lavaggio in soluzione detergente acquosa. Il grado di sporco e le macchie hanno richiesto che il lavaggio fosse preceduto da un ammollo prolungato. Il camice non richiedeva un supporto totale; si è proceduto, pertanto, a consolidamento mediante supporti locali, a cucito (punto posato), su tela di cotone, tinta appositamente Le maniche, frammentarie, sono state completate. Il vessillo, spolverato per aspirazione e successivamente pulito, è stato sottoposto a supporto totale su taffetas tinto appositamente. E’ stato ricollocato come in origine.
Intervento: Francesco Pertegato – Centro restauro manufatti tessili di Milano
Dimensioni: h max dietro cm 138; h max davanti cm 142; larghezza da un polso all’altro cm 146. Camice di tela di lino sbiancata, a teli che vanno dall’orlo inferiore alla spalla; apertura anteriore a “V”, con bottoni di tessuto appallottolato rivestiti di tessuto e asole a cappio; maniche foderate di tessuto simile ai polsi. Sul davanti è applicato, con una cucitura moderna e piuttosto grossolana, un vessillo di seta che riporta, su fondo di taffetas blu grigio, un’aquila ad ali spiegate, realizzata ad appliqué, in taffetas di seta gialla e rosso magenta; i dettagli (occhi, piumaggio ecc.) erano resi con cordoncino di seta nera, talvolta su imbottitura di lino bianco, ormai completamente perduto.
Stato di conservazione
Il camice presenta vistose asimmetrie (la metà sinistra davanti, per esempio, misura all’orlo 70 cm, quella destra 116). Poiché non tutte le cuciture sono originarie è probabile che abbia subito qualche manomissione (stranamente, ad esempio, la manica sinistra non è attaccata lungo la cucitura tra due teli bensì al centro di un telo e le cuciture sono assai grossolane) ; ma la forma e le dimensioni estremamente varie dei teli fanno pensare ad un indumento, che una volta indossato e coperto dai paramenti era scarsamente visibile, venisse realizzato con una certa libertà. Sembrano confermarlo la differenza di dimensioni delle maniche (la sinistra, tuttavia, potrebbe essere stata rimpicciolita rimuovendo il gherone all’attaccatura inferiore). E ciò sembra corrispondere al modo di utilizzare e, talvolta, di reimpiegare ill tessuto, soprattutto in epoca medioevale. Che si tratti, poi, di un manufatto antico, i cui elementi sartoriali rimangono sostanzialmente intatti, è mostrato dalle cuciture originarie, raffinate ed omogenee, facilmente individuabili rispetto a quelle successive. Mancano ampie porzioni delle sezioni esterne delle maniche, e i margini dei guasti fanno pensare che siano state tagliate malamente; lungo la linea di mezzeria delle stesse, in corrispondenza delle spalle, entrambe le maniche sono lacerate per intero, anche qui con un andamento dei profili dei guasti che lasciano presumere un taglio malaccorto . Due lacerazioni prodotte per strappo corrono lateralmente sul davanti, da cima a fondo. Ci sono inoltre due lacune di media entità, una immediatamente al di sotto dell’apertura anteriore e una sul retro della spalla destra.
Tutti i guasti fin qui segnalati erano stati sanati con cuciture a macchina, ricorrendo dove necessario ad innesti di tessuto di cotone . Il tessuto è, infine, disseminato di piccolissime lacune provocate semplicemente dall’usura e dai frequenti lavaggi, di macchie della più varia natura, incluse quelle di ruggine dovute a spilli metallici .
Trattamento
Prima di tutto si è staccato il vessillo in taffetas di seta ricamato ad appliqué, che risultava applicato in posizione asimmetrica, con punti assai grossolani. Anche se è documentata la presenza di pannelli decorativi sul camice è difficile ipotizzare che, nel nostro caso, non si tratti di una aggiunta posteriore. Lo conferma il fatto che, nel corso dell’intervento, è venuta parzialmente in luce una cucitura ai margini la quale mostra che si trattava di un vessillo a due facce e che il tessuto della faccia ormai perduta era molto meno sbiadito. La rimozione si è resa necessaria perché l’estremo stato di degrado del vessillo non avrebbe tollerato il lavaggio, richiesto, invece, per il camice, molto impolverato, ingrigito e cosparso di macchie di varia natura .
Successivamente sono stati rimosse le pezze applicate con cuciture a macchina, e smantellate le cuciture , sempre a macchina, che fissavano i margini delle lacerazioni alle maniche e quelle laterali anteriori .
Pulitura: è stata effettuata mediante lavaggio in soluzione detergente acquosa. Il grado di sporco e le macchie hanno richiesto che il lavaggio fosse preceduto da un ammollo prolungato; le macchie di ruggine sono state abbassate di tono mediante trattamento con acido fluoridrico al 12%, effettuato prima del risciacquo .
Consolidamento: il camice non richiedeva un supporto totale; si è proceduto, pertanto, a consolidamento mediante supporti locali, a cucito (punto posato), su tela di cotone, tinta appositamente . Le maniche, frammentarie, sono state completate: ciò che restava, infatti, si è rivelato più che sufficiente per ricostruire la forma e le dimensioni delle parti mancanti . Il vessillo, spolverato per aspirazione e successivamente pulito per immersione in tetracloro-etilene a temperatura ambiente, è stato sottoposto a supporto totale, a cucito (punto posato), su taffetas di seta tinto appositamente , part. . E’ stata concordata con la Direzione dei lavori la decisione di ricollocare in posizione il vessillo .
MITRA
Secolo XIV, manifattura italiana
Tela; lino, seta, cotone; 28×25, fanoni 6×52,5
La mitra è costituita da un solo pezzo di diagonale di lino bianco che realizza la foggia a due punte,. Sull’orlo della parte posteriore sono cucite i fanoni , ornati all’estremità da frange di seta color rosso mattone. Internamente è foderata con tela di cotone bianco. Prima del restauro intorno a quasi tutta la base, era ornata da un gallone con motivo a spina di pesce realizzate con lino, seta viola, arancione, celeste, verde, giallo-senape, argento filato su seta color beige.
Storia e critica: Le qualità tecniche e materiche qualificano il tessuto di tipologia semplice, realizzato tra il XIII e XIV secolo da manifattura italiana, tale produzione era comunque molto diffusa. La mitra presenta le caratteristiche medievali di questo paramento destinato a patriarchi, vescovi, abati: foggia a due punte e altezza quasi uguale alla base (larghezza). Le dimensioni della mitra del Bertrando confermano la datazione al XIII e XIV secolo, prima cioè che si ampliasse l’altezza per dar luogo a una maggiore ornamentazione. Come genere è una mitra “semplice”, perché costituita di tela di lino, decorata con i fanoni rifiniti da frange rosse, quale unica ornamentazione che risulta già durante il XII e XIII secolo. In tale periodo non esistevano decori in circulo o in titulo, che si esclude possano esser stati su questo esemplare poiché non vi sono tracce di precedenti fissaggi di pietre, perle, ricami o smalti. La decorazione rilevata prima del restauro e consistente in galloni auroserici di manifattura semplice, applicati con cuciture cuciti grossolane, sono da considerare posteriori, forse per volontà di abbellire l’oggetto. La mitra presentava tracce di sudore e grasso tipici nella zona interna della base, indicativo che l’oggetto è stato impiegato. Nelle tavolette del Maestro dei Padiglioni, “il Patriarca distribuisce il pane ai poveri”, il Bertrando è raffigurato con una mitra similare.
Orditi: proporzioni: 1 di fondo; materie: lino, 2 capi, ‘Z’, bianco; riduzione: 25 fili al cm
Trame: proporzioni: 1 di fondo; materie: lino, più capi con leggera e variante torsione ‘Z’, bianco; riduzione: 20 colpi al cm
Costruzione interna del tessuto: Armatura diagonale 3 lega 1 faccia trama prodotta da ordito e trame di colore bianco che realizza un decoro a losanghe.
Descrizione del disegno: Superficie unita di colore bianco con motivi a spina in tinta.
Il tessuto era estremamente sporco e disseminato di macchie, così pure la fodera. Per poter procedere al lavaggio sono stati staccati il gallone, i fanoni e la sezione di cartone di rinforzo che si era piegata e appallottolata all’orlo inferiore, sono state poi staccate le frange. Il lavaggio in soluzione detergente acquosa non è risultato soddisfacente si è proceduto ad una delicata, sono state infine alleggerite le macchie di ruggine. La fodera è stata sottoposta a supporto a cucito (punto posato), su mussola di cotone tinta sono state quindi riapplicati i fanoni completi di frange.
Intervento: Francesco Pertegato, Centro restauri manufatti tessili di Milano
Dimensioni: h cm 25; base cm 28; fanoni cm 52,5 (inclusa frangia)
Mitra in tessuto di lino bianco; fodera di tela di cotone bianco; i fanoni sono completati da frange di seta rosso mattone. Al margine inferiore, tra il tessuto e la fodera era collocata una fascia di rinforzo di cartone.
Il gallone, evidentemente incongruo, era fissato con una imbastitura a punti lunghi .
Stato di conservazione
Il tessuto era estremamente sporco e disseminato di macchie di color bruno . La fodera, molto sporca al margine inferiore a causa dell’untuosità dei capelli e della fronte, era ingiallita e interessata da una lacuna di media entità. Il cartone di rinforzo si era frammentato in più punti .
Trattamento
Per poter procedere al lavaggio sono stati staccati il gallone, i fanoni (erano cuciti con punti grossolani alla fodera) e la sezione di cartone di rinforzo che si era piegata e appallottolata all’orlo inferiore (una parte è rimasta indisturbata in loco); dai fanoni sono state poi staccate le frange.
Pulitura: lavaggio in soluzione detergente acquosa; poiché il risultato non era soddisfacente si è proceduto ad una delicata sbiancatura con perossido di idrogeno in soluzione basica; le macchie di ruggine sono state infine alleggerite con acido fluoridrico al 12 % prima del risciacquo .
Consolidamento: la carta rimossa è stata rimessa in forma inumidendola; supportata per adesione su pellicola di cellulosa è stata reinserita, fissandola a cucito come in origine . La fodera è stata sottoposta a supporto a cucito (punto posato), su mussola di cotone, tinta (campione 13); sono state quindi riapplicati i fanoni completi di frange. Il gallone, molto più corto del necessario, costituisce evidentemente una superfetazione, del tutto estranea al carattere della mitra; né ci sono tracce che avvalorino l’ipotesi che si sia in parte disintegrato a contatto con il corpo del Beato. Si concorda con il Direttore dei lavori, pertanto, di conservarlo a parte.
PIANETA
Secoli XIV e XV, manifattura italiana
Velluto, velluto ricamato; seta, oro filato, oro, argento filato; 128×81
La pianeta è costituita da un velluto tagliato unito di colore cremisi e decorata da due croci di forma latina, disposte sulla lunghezza dei due scapolari, costituite da velluto tagliato unito di seta di colore nero, ricamate con figure di Santi in oro, argento e sete policrome.
Prima del restauro la pianeta si presentava completata con inserti di tessuto estranei che ridimensionavano la foggia originaria, o quantomeno precedente gli anni ’70. Durante il restauro sono state in particolare modo indagate e individuate le posizioni di alcuni ricami, alcuni di questi sono stati ricostruiti (v. RESTAURO), permettendo la lettura di alcune figure. Le due croci ricamate sono le parti più singolari e importanti del parato sotto il profilo artistico. Entrambe sono realizzate con un ricamo a punto spaccato per le sete policrome (incarnati, capelli e alcuni oggetti, elementi vegetali e floreali), a punto posato per i filati d’argento e oro, arricchito in origine da perle di fiume (per le aureole). Le figure rappresentate in gran parte a mezzobusto, e non sempre integre, sono inserite entro formelle di forma ovale e polilobate definite dall’intreccio di due tralci, e in rilievo, all’interno convergono quattro fiori a tre petali: due nella parte superiore, e due in quella inferiore che si uniscono alle vesti o a altri elementi della figura. All’esterno di ogni formella sono ricamate foglie verdi e cardi.
Croce anteriore dall’alto verso il basso:
– Braccio destro: si identifica Santa Caterina d’Alessandria Il volto femminile con i capelli biondi raccolti, scendono sciolti in una ciocca sul dietro, sulla fronte una probabile corona, la veste altocinta dorata con scollo ovale da spalla a spalla, ha maniche aderenti fino al polso. Nella mano destra sostiene la ruota dentata, mentre nella sinistra la palma di colore giallo, suoi attributi. Nella stessa posizione sulla croce posteriore corrisponde la formella con raffigurata la Santa Maria Maddalena (v.)
– Braccio sinistro: volto maschile con barba a punta, sul capo una mitra a due punte di colore, la veste vescovile ampia di colore argento e oro e in parte cremisi, non sono visibili le braccia. Si considerano attributi la veste purpurea e il copricapo vescovile per identificare la figura in un Santo vescovo, probabilmente Sant’Ermacora . Ciò può essere ulteriormente avvalorato poiché nella stessa posizione sulla croce posteriore è raffigurato un Santo identificato con San Fortunato vescovo di Aquileia di cui si riconoscono gli attributi
Corpo della croce:
– La prima e la seconda forma formella presentano figure assolutamente illeggibili sotto il profilo iconografico.
– Terza formella: si identifica un San Girolamo , con il volto ben definito nei particolari e nelle sfumature, con barba, parte del capo è coperta da un cappuccio del manto che indossa chiuso sotto il mento da un evidente fermaglio di colore verde e oro, e l’interno foderato di rosso e bianco, sotto indossa una tunica con maniche un po’ larghe al polso e risvoltate. Sulla schiena ricade un cappello cardinalizio di colore rosa chiaro con calotta e tese larghe.
Tracce di un bastone vicino all’orecchio sinistro. Nella mano destra sembra reggere parte del manto mentre porge la mano sinistra verso la testa di un leone. Quali attributi del Santo vanno considerati il cappello, il manto con cappuccio e il leone.
– Quarta formella: San Giacomo Minore Il volto è quello di un Santo con barba e mitra bianca e ricamata con oro, indossa una veste dorata con maniche ampie, il pallio di colore bianco con le croci ricamate in marrone (visibili cinque). Nella mano sinistra regge il pastorale sembrerebbe con un uccellino nel ricciolo terminale. Nella mano destra rivolta verso l’alto tiene un follone, suo attributo, anche l’abbigliamento è indicativo, come vescovo di Gerusalemme, infatti in certe immagini, indossa le vesti episcopali, e la mitra reggendo il bastone pastorale.
– Quinta formella: San Damiano o Cosma è rappresentato un Santo giovane con capelli biondi fluenti che circondano il viso sbarbato e inclinato. Indossa un manto dorato allacciato sotto il mento con una pietra-bottone è visibile la fodera di probabile pelliccia bianca e blu, come dalle maniche aderenti fino al gomito sono aperte sul resto della lunghezza. Sotto una gonnella dorata con collo a fascetta bassa con profilo dorato e blu, cinta in vita si apre a pieghe, trapunte, con tracce di un decoro orizzontale a circa metà lunghezza. Nella mano destra rivolta verso l’alto, reca una lancetta chirurgica, nella mano sinistra, stringe verso il fianco un vasetto o cofanetto, tali oggetti sono gli attributi, ma non va sottovalutato l’abbigliamento, in particolare la fodera di pelliccia della veste.
Croce posteriore dall’alto verso il basso:
– Braccio destro: figura di Santo con barba bionda abbastanza lunga porta sul capo una mitra bianca e oro a due punte, aureola. La veste è poco visibile, dorata e tutta chiusa sul petto, mani e braccia non leggibili, tracce di un bastone pastorale con terminale a ricciolo. Negli attributi (mitra vescovile, pastorale) si riconduce a San Fortunato , la posizione corrisponde nella croce anteriore a quella della raffigurazione di Sant’Ermacora.
– Braccio sinistro: figura di Santa riconoscibile per il volto con capelli lunghi e biondi che scendono oltre le spalle, indossa una veste dorata visibile da sotto il manto, anch’esso dorato, foderato di giallo e allacciato al centro . Nella mano destra reca l’urna degli unguenti, che come attributo, unitamente alle caratteristiche fisiche, fa ritenere si tratti di S. Maria Maddalena . La posizione della formella corrisponde nella parte anteriore con la formella recante la Santa Caterina d’Alessandria che insieme alla Maria Maddalena è spesso rappresentata con un criterio di complementarietà nelle opere dove appare la Vergine con il Bambino, e incarnano la dote intellettuale dell’erudizione la prima, e l’altra quella morale della penitenza.
Corpo della croce :
– Prima formella: la Vergine e Gesù Bambino , presenta il Gesù Bambino che porge forse un frutto, appoggiato sulla spalla destra della Madonna che indossa sotto il manto blu e oro una veste altocinta con striature dorate e giallo, dal capo scende un probabile velo, nella mano sinistra è trattenuto forse un oggetto.
– Seconda formella il Redentore giovane benedicente, il volto inclinato con capelli biondi a scriminatura centrale e corti sopra la nuca, le vesti definite da tessuti consistenti e drappeggiati di colore bianco e oro: un manto con larghe maniche, scende dalle spalle sopra una tunica con scollo arrotondato.
– Terza formella: si identifica la figura di un Santo, San Giacomo Maggiore , il volto con barba e capelli biondi a scriminatura centrale scendono sulle spalle, indossa una tunica che si differenzia dalla fodera del manto, nella mano sinistra tiene un libro rosso quale attributo, insieme al bastone da pellegrino appoggiato sulla spalla e trattenuto dalla mano destra.
– Quarta formella: San Andrea è leggibile il volto di un Santo che indossa una veste dorata e verde, con ampia apertura e scollo, su cui è visibile la fodera bianca a striature celesti, uguale rivestimento per le maniche larghe al polso. La mano sinistra è rivolta verso l’alto, mentre la destra viene sfilata dalla manica sinistra o ne trattiene il tessuto. Sullo sfondo, alle spalle del santo, un bastone con la croce decussata, detta proprio di San Andrea, quale attributo.
– Quinta formella appare un Santo che si identifica in San Francesco d’Assisi , i capelli tagliati a ciambella e un saio scuro con maniche risvoltate al polso, da cui escono le mani con le stigmate, in quella destra tiene stretto un uccellino e nella sinistra regge un libro, tutti elementi che sono attributi del Santo d’Assisi, sul fondo una croce decussata, di san Andrea (per i Santi che hanno partecipato alle crociate, S. Francesco partecipò alla prima nel 1219).
– Sesta formella: San Cosma . Si rileva la figura di un Santo con cappelli biondi e riccioluti, tracce di barba bionda sulla linea del mento, indossa una veste oro trapunta di verde con una fascia cremisi che cade morbida in cintura, il manto con maniche larghe e risvoltate è foderato di rosso. La mano destra regge un elemento simile a una piuma di colore giallo eventuale attributo, insieme al vaso di ceramica bianco-celeste in basso a sinistra. Gli attributi giustificano si tratti del santo, la posizione della formella corrisponde nella parte anteriore a quella raffigurante S. Damiano. La somiglianza dei due volti ritratti contribuisce ad attestare si tratti dei due Santi che la leggenda vuole fossero gemelli.
Ai lati della parte finale sono ricamati un corno con campanelli e la metà anteriore di un cavallo rampante . Il fiore di cardo più volte ripetuto come motivo decorativo all’esterno delle formelle, si associa alle immagini dei Martiri rappresentati come voleva l’iconografia del tempo, simbolo della loro passione.
Storia e critica
Il manufatto è stato con molta probabilità eseguito da ricamatori , su cartone realizzato da un pittore.
La preziosità tecnica e materica del ricamo giustificano la datazione alla metà del XIV secolo. Particolarmente rilevante che il ricamo sia stato eseguito direttamente sul velluto nero, come ben rilevato dal retro di ogni ricamo .
Non è stata infatti rilevata la presenza di intermedi, tanto meno eventuali loro tracce, pertanto il ricamo non è stato realizzato su tela o su taffetas e poi applicato sul velluto, come ad uso con la seconda metà del sec. XIV.
Alcuni elementi dell’iconografia sono pertinenti alla metà del XIV secolo per lo stile e l’iconografia. Il legame con l’arte trecentesca si rileva nell’impostazione del decoro, e nel raffinato naturalismo dei personaggi rappresentati.
L’analisi tecnica dei tessuti è stata effettuata soltanto per il velluto cremisi, la presenza del ricamo sul velluto nero ha permesso solo un suo parziale riscontro dei dati.
VELLUTO TAGLIATO UNITO DI COLORE CREMISI
Orditi: proporzioni: 1 di fondo, 1 di pelo (1 filo di pelo ogni 3 di fondo); materie: di fondo: seta, 2 capi, ‘S’, beige-ecrù; di pelo: seta, 2 capi, STA, cremisi; riduzione: 40 fili al cm
Trame: proporzioni: 1 di fondo; materie: seta, più capi abbinati, ecrù; riduzione: 24 colpi al cm
Costruzione interna del tessuto: Armatura di fondo in raso da 5, prodotta dai fili e dalle trame di fondo, il velluto è realizzato dall’ordito di pelo color cremisi, introducendo un ferro scanalato ogni 3 colpi di fondo.
Descrizione del disegno: Superficie unita color cremisi.
La pianeta prima del restauro risultava composta dal velluto rosso con inserti a ricamo su velluto nero. Le parti erano assemblate con pezze di tela di cotone, poi rimosse , sono state poi staccate le sezioni a ricamo in fase di trattamento. La pulitura dei ricami e del velluto rosso, dopo la spolveratura per aspirazione, è stata eseguita per immersione in tetracloro-etilene, a temperatura ambiente. I fili d’oro dei ricami sono stati riposizionati e ancorati, cercando di ripristinare nella disposizione dei punti l’originaria griglia che dava origine ai motivi decorativi geometrici. Nel corso del consolidamento sono stati ricomposti i due riquadri tagliati per decorare lo scollo. Sul davanti i ricami sono stati rimontati come in precedenza.
Intervento: Francesco Pertegato-Centro restauro manufatti tessili di Milano
Pianeta di velluto rosso; fodera di tela di lino debolmente tinta di giallo. Croci – anteriore e posteriore – di velluto nero, ricamate a busti di santi, inclusi nelle cornici ovaliformi polilobate prodotte da due tralci, a forte rilievo, incrociati. Il ricamo è realizzato con filo di seta a più colori (punto spaccato) e filo d’argento e d’oro (punto posato); originariamente era arricchito di perle di fiume che profilavano le aureole e i tratti salienti dei panneggi (ne rimangono tre sole, inserite nei medaglioni della croce anteriore). I ricami risultano essere stati tagliati sopra e sotto, ad eccezione dell’estremità inferiore del retro; potrebbero pertanto derivare dalla trasformazione della casula in pianeta o, meno probabilmente, dallo stolone di un piviale. La fascia ricamata ai lati dello scollo è ottenuta tagliando, in tre frammenti ciascuna, due formelle ricamate con figure di santi. Rimossa tale fascia, al di sotto non è stato individuata nessuna traccia che dimostri che si tratta di una manomissione antica; traccia evidente dell’applicazione originaria, o almeno molto antica, delle due formelle, a formare i bracci corti della croce, si trova invece ben visibile sul retro della pianeta.
Stato di conservazione Due grandi inserti di tela di cotone, del tutto estranei alla foggia della pianeta, erano stati cuciti rozzamente a macchina, in corrispondenza dell’attacco del retro alla parte anteriore. Quest’ultima è stata ottenuta riutilizzando frammenti anche piccoli di velluto; questo, inoltre, era arricciato e increspato dai fitti rammendi del passato che avevano agganciato alla sottostante fodera di lino. Non c’è traccia dell’interfodera di rinforzo delle croci e poiché al di sotto di queste ultime il velluto non c’è (probabilmente non c’è mai stato: l’interfodera aveva infatti il compito sia di dare più corpo allo stolone sia di costituire la continuità del fondo) anche i ricami erano agganciati direttamente alla fodera, dai punti grossolani di innumerevoli aggiustamenti e manutenzioni. Il velluto, arricciato dalle tensioni introdotte dal ricamo, era spellato, abraso, lacerato e, soprattutto nella metà anteriore, caduto per piccole sezioni. Anche i ricami erano interessati da accentuate abrasioni dei filati in seta, dal distacco e dalla caduta di quantità consistenti dei fili metallici . Dei tralci che formano le cornici ovoidali in cui sono inserite figure di Santi non rimangono che le spesse imbottiture costituite di fili di lino o canapa, sbiancati.
Trattamento: Prima sono state rimossi gli inserti di tela di cotone. Poi sono stati poi staccati le sezioni a ricamo: l’operazione si è resa necessaria perché i fili metallici del ricamo necessitavano di essere fissati al fondo e questo a sua volta richiedeva che venisse inserito al di sotto un tessuto di supporto, indispensabile anche per consolidare il velluto. Pulitura: sia i ricami che le due sezioni di pianeta in velluto rosso, dopo la spolveratura per aspirazione sono stati puliti per immersione in tetracloro-etilene, a temperatura ambiente, il quale ha solubilizzato, con l’ausilio di una moderata azione meccanica, i diffusi e spessi depositi di cera.
Consolidamento: la pianeta, smontati i rammendi che arricciavano il velluto, e stata risanata mediante supporti locali, a cucito, di tela di cotone/poliestere (campione 10); alcune riparazioni passate che creavano tensioni sono state smantellate e rifatte spianando il tessuto antico dove necessario; sono stati invece lasciati indisturbati i frammenti di velluto reimpiegati, anche nei casi in cui l’assemblaggio non era stato condotto perfettamente (soprattutto sul davanti). I ricami, liberati dei filati dei rammendi, sono stati sottoposti a supporto totale, su raso di cotone tinto (campione 11) usato al rovescio (assomiglia molto al velluto spellato), a cucito; l’operazione ha interessato sia il tessuto, lacerato e lacunoso in più punti, che il ricamo . In particolare i fili d’oro sono stati riposizionati e ancorati, cercando di ripristinare nella disposizione dei punti l’originaria griglia che dava origine a motivi decorativi geometrici. Nel corso del consolidamento sono stati ricomposti i due riquadri tagliati per decorare lo scollo .
Riassemblaggio: Sul davanti i ricami sono stati rimontati come in precedenza, salvo sovrapporli per circa un cm alla cucitura di attacco tra il dietro e il davanti, al fine di evitare di ripiegare al di sotto i margini sui lati corti del braccio verticale della croce; in tal modo si rende inoltre evidente che il ricamo è stato tagliato in passato. Sul dietro la croce è stata completata con i riquadri orizzontali, ottenuti dalla ricomposizione dei frammenti tratti dallo scollo .
Pastorale sec. XIV avorio
Pastorale in avorio, composto da più elementi uniti tra loro con avvitamento.
Nel ricciolo terminale è raffigurato a tutto tondo l’Agnus Dei
Il pastorale è il simbolo del vescovo e in questa rappresentazione la presenza dell’agnello con il capo rivolto all’ indietro è indicativo del significato dell’agnello di Dio (Vescovo) che si rivolge al gregge (fedeli) e vigila su di esso.
Spada
Sec. XIV
Ferro, impugnatura rivestita con taffetas azzurro, ricamo in oro, guaina di cuoio foderata con velluto alto-basso di seta color cremisi, databile al XV secolo. è ritenuta la spada con cui fu ucciso il beato Bertrando, si presume però possa trattarsi della spada appartenuta al Patriarca, faceva parte del corredo funebre.
CAMICE
E’ l’indumento di lino bianco , lungo fino ai piedi, con maniche semiaderenti, che i sacerdoti usano stringendolo ai fianchi con il cingolo, su di esso viene indossato il paramento prescritto per la cerimonia religiosa. Come tutti gli indumenti liturgici anche il c. trae origine dall’abbigliamento profano, in particolare da camisia quale indumento in uso nel III secolo dell’impero. Relativamente alla materia con cui veniva realizzato, il lino, è stato chiamato linea, in coincidenza con la foggia a tunica, tunica linea, e per la lunghezza talaris. Il c. medievale subisce mutamenti evidenti nell’ornamentazione, diversamente da quelli dei periodi precedenti che interessavano la foggia. Sono testimoniate diversi tipi di guarnizioni (galloni, riquadri di tessuti, ricami sia in seta che metalli preziosi…) comunque staccabili in modo da permettere il lavaggio del c. Nel secolo XVII si è andato affermando l’uso dei pizzi impiegati intorno a tutto l’orlo, in relazione al largo impiego di questo genere di manufatti nella moda in generale. Simbolicamente il c. per i liturgisti significa purezza, intesa come purezza dal peccato, e più ancora castità, a ciò si collega il materiale e il colore.
TAFFETAS, TELA
E’ la più semplice delle armature (sistema di intreccio dei fili d’ordito con quelli di trama), da essa derivano tutte le altre, per realizzarla si sollevano tutti i fili di ordito dispari al passaggio delle trame dispari, e tutti quelli pari al passaggio delle trame pari. Si definisce come taffetas quando viene realizzato con seta, se si impiegano lana, lino o cotone assume il nome di tela.
VESSILLO
Dall’inventario del Tesoro della chiesa di Aquileia redatto tra il 1358 e il 1378, tra i camici elencati è riportato unus camis cum dramite sete cum avibus aurei laboratus, datus per quondam D. Bertrandum Patriarcham. Inteso a definire un camice guarnito da porzioni di tessuto di seta lavorato (decorato) con uccelli d’oro, destinato al patriarca Bertrando. questa constatazione fa riflettere sulle qualità del camice
del corredo. Inoltre per quanto concerne il medesimo documento, dall’elenco dei camici rileviamo unum vexillum cum aquila aurea insignie Ecclesie Aquilegensis. La relazione è interessante e rimanda con molta verosimiglianza al vessillo sia del camice di Bertrando sia al vessillo del corredo Non sono specificate le caratteristiche tecniche riguardo la decorazione. Per il vessillo del corredo si assegna l’origine al XIV secolo, i materiali ne sarebbero conformi, restano solo dei dubbi riguardo il ricamo ad applicazione che come tecnica secondo la critica è attestata prevalentemente tra la fine del sec. XVI e gli inizi de XVII, ciò non toglie che fosse conosciuta in precedenza. Il vessillo si proporrebbe dunque come fonte di indagine per far luce sul tipo di tecnica.
B Il VESSILLO è l’esemplare più noto e antico del Patriarcato di Aquileia. nTestimonianze e ritrovamenti numismatici risalenti ai tempi di Volchero di Erla, Patriarca di Aquileia dal 1204 al 1218, vedono l’aquila come elemento simbolico caratterizzante. L’aquila fu quindi tema dello Stato patriarcale friulano, che, dal 1077 al 1420 governò, nell’ambito del Sacro Romano Impero. Da questo vessillo che viene considerato una delle più antiche bandiere al mondo, si ispira la moderna Bandiera del Friuli, che a tutt’oggi è il più riconosciuto simbolo del Friuli, definita e riconosciuta con la legge regionale 27/2001. Essa viene esposta ufficialmente nei luoghi pubblici dei comuni di lingua friulana, accanto alla bandiera della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, a quella italiana e dell’Unione Europa.
AQUILA
E’ il re degli uccelli, come il leone è il re degli animali, vola verso il sole, resistendo alla luce celeste, uccide i serpenti, può giungere da posti altissimi, fin dall’antichità è simbolo della luce. Nelle decorazioni di tutti i tipi di manufatti è tra i motivi più rappresentati, è simbolo del potere e della vittoria pertanto figura nell’araldica, è presente in stendardi di molte nazioni. Nel medioevo alludeva all’ascensione di Cristo. Il simbolo dell’aquila va considerato in rapporto con l’immagine tetramorfica: i quattro animali delle visioni di Ezechiele e di San Giovanni Battista che può pertanto rappresentare.
L’unione di parti dell’aquila e del leone dava luogo all’immagine del grifone.
MITRA
Copricapo che di diritto compete solo al Papa, ai Cardinali e ai Vescovi.
La mitra semplice si adoperava al Venerdì Santo, nell’uffizio dei defunti, nella Messe solenne de Requie, nell’ assoluzione al catafalco.
Poiché copre il capo viene interpretata simbolicamente come custode dei sensi, e inoltre perché anticamente di lino bianco era anche simbolo di purezza.
DIAGONALE
Dal latino diagonalis, greco diagonios-diagonale ad angolo, armatura derivata dal tela, che può definire da sé un disegno a zig-zag, spina di pesce, piccoli rombi.
FANONI
O fasciae, vittae, penduli, infulae, sono le due striscie di tessuto che partono dalla base circolare della mitra (parte posteriore), sono ornati da frange all’estremità pendente. Non sempre venivano prescritti.
PIANETA
Si tratta di uno scapolare a due lembi aperto lateralmente quale Veste liturgica usata dal sacerdote per la celebrazione della messa. Veniva anche chiamata paenula o càsula e derivava dall’antico mantello da viaggio. La sua origine trova riscontro infatti nell’abbigliamento civile romano e precisamente nella paenula. Nel corso dei secoli ha subito diversi mutamenti nella foggia, Dal XIII secolo si cominciò, per rendere più libere le braccia, ad accorciarla ai fianchi, finché nel XVII secolo si giunse a ridurla a due bande ricadenti davanti e dietro: tale forma poi prese il nome specifico di pianeta, mentre casula ora è chiamata quella più antica, sia romanica che gotica. I mutamenti riguardano anche gli ornamenti che inizialmente consistevano in una fascia verticale posteriore decorata con ricami (crux bifida o trifida) che si divideva dallo scollo proseguendo sulla parte anteriore. Nel XIII secolo si afferma la croce con i bracci orizzontali, che diviene più comune con il secolo XV. L’ornamentazione prevalente in Italia dal XVII secolo sono i galloni che disposti in verticale e orizzontale (parte anteriore), richiamano i perimetri della croce.
VELLUTO
Velluto dal latino “vellus”= vello, si attesta l’uso della parola dagli inizi del XIV secolo e si può considerare come l’unico tessuto di origine occidentale fra quelli antichi. Con V. si intende un tessuto che può essere di seta o di altra fibra, caratterizzato da una superficie pelosa, ottenuta dai ciuffi delle fibre tagliate, che può essere di più altezze e fittezza. Da ciò prendono avvio più tipologie di velluti. Il v. tagliato unito è composto da un ordito di fondo che con le trame di fondo forma l’armatura di fondo, da un ordito di pelo che realizza la superficie a ciuffi, prodotti dal taglio dei fili di pelo, questi vengono tagliati dopo il passaggio del ferro con scanalatura. Ogni riga di ciuffi è intervallata dal passaggio delle trame di fondo con l’ordito di fondo. V. alto basso, controtagliato, è prodotto come il v. tagliato unito, solo che vi è l’inserzione di ferri di diversa altezza e tipo, che creano differenti altezze e zone in un unico tessuto. V. broccato quando il v. presenta parti ricoperte da trame broccate, solitamente d’oro o d’argento. La lavorazione è molto elaborata, poiché l’inserimento di tali trame avviene al rovescio, mentre il v. è realizzato al diritto.
RICAMATORI
Tra medioevo e rinascimento i ricami più pregiati sono opere di ricamatori professionisti, che operavano all’interno di una bottega che si può considerare una vera e propria fucina artistica, con apprendisti e lavoranti, e in cui l’arte del ricamo veniva trasmessa da padre in figlio. La particolare bellezza dei ricami era legata al modello di ricamo che spesso, in base anche alle testimonianze pervenute (documenti, cartoni, disegni e schizzi autentici), erano opera di pittori anche famosi. In base al modello i r. eseguivano il ricamo in stretta collaborazione con gli artisti. I committenti di queste preziose opere erano parroci, vescovi, il papato, i nobili, i ricchi borghesi, o le corporazioni di arti e mestieri che vedevano nel ricamo ecclesiastico la dimostrazione della loro devozione alla Chiesa in particolari occasioni.
Riferimenti bibliografici essenziali
M. SCHUETTE – M.MULLER- CHRISTENSEN, Il ricamo nella storia e nell’arte, Roma, 1963
D.DAVANZO POLI-C.PAGGI COLUSSI, Pizzi e ricami, “I nuovi quaderni dell’antiquariato”, Milano, 1981